Rivolta contro i tagli alla cultura. Affonda il decreto salva-cinema. Benigni: l’arte non interessa più LUCIO CILLIS LA REPUBBLICA SABATO 8 OTTOBRE 2005
Polemiche sulle misure previste dalla Finanziaria. Buttìglione: mobilitiamoci per cambiare la manovra. Unione: un appello sconcertante
ROMA—Il mondo della cultura e dello spettacolo è in rivolta. A scatenare una reazione mai così compatta delle arti italiane sono stati in un primo momento i tagli senza pietà sul Fus, il fondo unico per lo spettacolo, orfano in Finanziaria di ben 142,183 milioni di euro e di altri 125,3 milioni che mancheranno per altri tagli su leggi che regolano il settore e già approvate. In totale 267,5 milioni di euro annui in meno. C'è poi la gente di cinema in subbuglio, alla notizia di un secondo fendente al cuore dell'industria, causato dalla "caduta" del decreto salva-cinema. Una nuova occasione di scontro tra esecutivo e opposizione: se per il governo la mancata conversione in legge del provvedimento è stata causata dall'ostruzionismo dell'opposizione, il centro-sinistra contrattacca parlando di «atto irresponsabile che cerca di mascherare il reale atteggiamento della destra nei confronti del mondo della cultura». Il primo colpo di mannaia, quella della manovra, che ridurrà a livelli inferiori alla sopravvivenza lo spettacolo, ha provocato la reazione di uno dei suoi massimi rappresentanti: «Non servono tagli ma molto tempo, denaro, talento, lavoro — ha detto al Giornale dello Spettacolo Roberto Benigni — e la cultura, in Italia, conta sempre meno. Tutto lo spettacolo e il cinema in particolare non interessano più, visto che non si da loro alcun valore». Un Benigni furioso che punta l'indice su una parte del mondo politico: «Penso che questa sia l'opinione della maggioranza, che si è trovata d'accordo nell'operare i tagli contenuti nella Finanziaria». Ma le conseguenze, secondo l'attore, ricadranno sulle nuove generazioni di artisti: «Si vede che mancano i fondi perché non c'è una fioritura dei giovani. Abbiamo così tanti grandi talenti che potrebbero girare il mondo ed è triste che ciò non accada». Una amarezza condivisa anche da Claudio Bisio: «II Fus è fondamentale, questi soldi sono essenziali per finanziare opere prime o progetti che altrimenti non andrebbero in porto». Un altro grido d'allarme parte, invece, dalle stanze del ministero per i Beni e le Attività culturali guidato da un Rocco Buttìglione forse ancora impreparato a fronteggiare l'ondata di proteste rivolte al suo dicastero. Per Buttìglione «è necessario un maxi emendamento alla Finanziaria per ridiscutere i tagli alla cultura» si è difeso il ministro che ha aggiunto: «Non intendo chiudere questo o quel museo o teatro, la cultura è elemento fondante dell'identità di un Paese». Parla invece di numeri, di film che potrebbero non arrivare mai nelle sale il direttore per il Cinema del ministero, Gaetano Blandini: «Rischiano il blocco della produzione una trentina di film». E c'è, infine, la reazione durissima dell'Anica, l'associazione delle industrie cinema-tografiche alla caduta del decreto-cinema: «È la tegola che sancisce la crisi definitiva del cinema italiano : lo Stato ci ha abbandonato. Non resta che avviare una battaglia forte a partire dalla manifestazione del 14 ottobre», quando il mondo dello spettacolo si fermerà. Uno sciopero che sposterà di un giorno anche l'attesa prima da record de La Tigre e la neve di Benigni, presente in ben 800 sale.
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