Il FAI restaura, non demolisce GIULIA MARIA MOZZONI CRESPI* LA REPUBBLICA SABATO 8 OTTOBRE 2005
Caro Direttore, ho letto con interesse l'intervista a Renzo Piano, pubblicata sulle pagine della Cultura di Repubblica lo scorso 3 ottobre, riconoscendovi in molti passaggi un comune sentire e la stessa convinzione che, per l'Italia, la bellezza del paesaggio costituisca una delle principali risorse, anche economiche. L'architetto Piano, tuttavia, attribuisce al Fai un costume che davvero non gli appartiene, laddove afferma che: «L'idea inglese, seguita di recente dal Fai, è quella di acquistare gli orrori e poi demolirli. Però non bisogna essere integralisti: non credo che questa sia l'unica soluzione, perché assieme alle pietre esistono le persone, e un brutto capannone può anche dare lavoro o riparo». Per non ingenerare confusioni, desidero precisare che il Fai non ha mai acquistato e demolito ecomostri (anche se ha plaudito alle, ahimè poche, demolizioni di brutture che sono state effettuate). Il nostro contributo alla salvaguardia del paesaggio passa attraverso l'acquisizione - tramite donazione o comodato - di beni architettonici o naturalistici degradati, abbandonati o anche travolti dall'incuria, che restauriamo col preciso obiettivo di restituirli alla collettività e quindi di consegnarli alle future generazioni. Siamo, infatti, convinti che il solo modo per diventare sensibili alla difesa del bello (e quanto ha ragione Renzo Piano quando dice che in Italia pochissimi lo sono!) sia quello di vivere la bellezza, condividerla, riconoscerla e dunque amarla e difenderla. E a questo scopo che restauriamo i nostri beni con la massima attenzione e con il massimo rispetto per la loro antica bellezza e per il paesaggio che li circonda, facendo poi in modo di non trasformarli in musei senza vita, ma aprendoli alla comunità con mille occasioni di svago e col fine ultimo di rendere più consapevoli gli uomini di quanto beneficio dia la bellezza e quanto meriti di essere tutelata. Ecco perché, proprio in relazione al giusto riconoscimento assegnato a Renzo Piano e all'importanza di un premio concepito in difesa del paesaggio, mi sembra tanto più inconcepibile lo sfregio irrimediabile che in una regione illuminata come il Piemonte si sta per compiere con il progetto del Millenium Canavese. Un angolo fra i più belli e intatti del Canavese, rappresentato dalla Conca compresa fra Albiano di Ivrea e Caravino - oltre 60 ettari di mirabile e armoniosa campagna - sarà trasformato in un gigantesco parco divertimenti, con annessi centro commerciale, albergo, multisalacinematografica e via elencando. Ha ragione Renzo Piano quando dice che un brutto edificio si può anche trasformare e migliorare con pochi interventi: non possiamo usare le ruspe dappertutto. Ma potremmo, però, rispettare la bellezza dove ancora si è preservata integra e «lasciare libero il paesaggio». *Presidente Fai - Fondo per l'Ambiente Italiano
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