«Giù le mani dai fondi per la Scala e Venezia». Centrosinistra e centrodestra contro la manovra Enrico Marro Corriere della Sera, 06/10/2005
Al teatro Il ministro Rocco Buttiglione ha lanciato l'allarme contro il taglio di 200 milioni che la Finanziaria prevede per i fondi destinati ai Beni culturali. «A meno che non si voglia chiudere la Scala o i musei — ha avvertito Buttiglione — non siamo in grado di reggere una riduzione così drastica. In un anno il flusso turistico in Italia è diminuito dell'1%».
Al festival Il bilancio dell'ultima Mostra del cinema di Venezia è all'ordine del giorno del consiglio di amministrazione della Biennale che si riunirà oggi. Tra le questioni sul tavolo ci saranno i tagli del 40% che la Finanziaria prevede al Fus. Intervento che potrebbe mettere a repentaglio la prossima edizione della Mostra del cinema.
ROMA — «O chiudiamo la Scala o chiudiamo i musei». Rocco Buttiglione. ministro dei Beni culturali la mette giù pesante. Del resto, lo scorso luglio, inaugurando la 35esima edizione del Giffoni Film Festival, aveva garantito: «Mai più tagli alla cultura». E invece, spiega ora lo stesso ministro, c'è una sforbiciata di 200 milioni di euro, aggiungendo: «Non siamo in grado di reggere una riduzione così drastica. Sono preoccupato: la memoria storica della nazione è facile da distruggere, ma è difficile da ricostruire. Il ministero è già sotto la soglia di sopravvivenza. Bisogna fermarsi adesso». Le parole del ministro trovano eco in quelle di Giovanna Melandri (Ds), già titolare dei Beni culturali nel governo Prodi, che ieri in prima pagina su Europa, il quotidiano della Margherita, ha denunciato uno «strabiliante taglio» al Fus, il Fondo unico per lo spettacolo, che finanzia cinema, teatro, musica, lirica, danza. Fus che, aggiunge Melandri, «fu lasciato dai governi dell'Ulivo nel 2001 alla cifra record di 516 milioni di euro» per scendere, conclude, ai 300 milioni previsti per il 2006. E pensare che alla fine del '93 i sindacati e il mondo della cultura e dello spettacolo protestarono contro un taglio di 100 miliardi di lire previsto nella Finanziaria per il '94, che riduceva il Fus da mille a 900 miliardi di lire, lo stesso livello dell'82. Insomma, i tagli alla cultura sono una costante. Come le proposte per fronteggiarli. L'allora sottosegretario con delega sulla materia, Antonio Maccanico, lanciò l'idea, rimasta sulle cronache dei giornali, di compensare le riduzioni di fondi con «i soldi confiscati a Tangentopoli». La prima della Scala era già «a rischio» dieci anni fa, quando il sovraintendente Carlo Fontana denunciava i tagli per l'opera lirica previsti dalla Finanziaria. E Carla Fracci, la regina della danza, propose: «Per salvarci tutti, riduciamo i nostri compensi. Io rinuncio al 15% del mio cachet». Che i tagli alla cultura non siano di destra o di sinistra, ma accomunino «tutti i governi» lo denunciò qualche anno fa il maestro Riccardo Muti, sdegnato davanti a una riduzione del Fus di 20,6 milioni di euro previsto dalla Finanziaria 2003. Poca cosa rispetto al taglio di 142 milioni previsto dalla manovra per il 2006. Il Fus passa infatti da 442 a 300 milioni. Vengono poi alleggeriti di 90 milioni gli investimenti per il patrimonio culturale, di 30 i fondi dal gioco del lotto destinati ai beni culturali e di 2 gli stanziamenti per il piano arte contemporanea. Lancia l'allarme Davide Croff, presidente della Biennale di Venezia, per le conseguenze che i tagli potrebbero avere sulla Mostra del Cinema. Per Vincenzo Vita (Ds), assessore alla Cultura della provincia di Roma, c'è il rischio di «ridurre gli orari dei musei, cancellare eventi e manifestazioni, chiudere biblioteche». Ma il ministro dell'Economia, Giulio Tremonti, non la pensa così. E insiste: ridurre sprechi e consulenze.
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