Legge sul territorio, domande al Senato di Guido d’Angelo www.denaro.it
Proprio su queste colonne si è svolto un breve esame del disegno di legge in materia di governo del territorio, approvato dalla Camera dei deputati e trasmesso al Senato della Repubblica il 29 giugno scorso.
A conclusione, si spera ancora di richiamare l’attenzione di qualche senatore, facendo riferimento ad altre norme del testo sinora approvato. Ad esempio, l’art. 6, comma 6, merita qualche osservazione. Mentre, in via di massima, il disegno di legge attribuisce alla Regione ed agli enti locali la più vasta competenza a stabilire la disciplina degli interventi sul territorio, la norma citata reca specifiche limitazioni nelle aree destinate all’agricoltura ed in quelle “di pregio ambientale”. Nelle prime sono consentite “solo opere e infrastrutture pubbliche e per servizi per l’agricoltura, l’agriturismo e l’ambiente”.
Ma nei “servizi per l’agricoltura” sono comprese anche le abitazioni dei coltivatori? Inoltre, bisogna tener conto che i piani urbanistici comunali possono classificare come zone agricole anche aree diversamente utilizzate, per impedire un incremento della densità insediativa. Anche in questi casi sarebbe irragionevole vietare la realizzazione di opere accessorie non a servizio dell’agricoltura.
Poi bisogna chiarire che cosa s’intende per aree di pregio ambientale.
La legislazione vigente definisce le aree soggette a vincolo di particolare interesse paesistico, che comprendono anche gli interi territori di moltissimi Comuni (specialmente nella Provincia di Napoli).
Sarebbe irragionevole consentire per legge in tutti questi vastissimi territori soltanto opere pubbliche e servizi per l’agricoltura. Probabilmente non è questa l’intenzione, ma la legge non deve essere un programma di quiz. Occorre anche un’attenta revisione dell’art. 13, che elenca dettagliatamente le disposizioni abrogate immediatamente o dopo l’emanazione da parte della Regione di normative nel medesimo oggetto (fra cui alcuni articoli del testo unico per l’edilizia del 2001).
Allora le Regioni potrebbero abolire o modificare sostanzialmente il sistema dei contributi per il rilascio del permesso di costruire di cui agli artt. 16 e 17 del citato testo unico? Com’è pensabile che la legge regionale possa contenere tutta la disciplina dell’attività edilizia dei privati su aree demaniali, cui fa riferimento l’art. 8 del testo unico, che è compreso nell’elenco delle norme abrogabili? E come mai l’art. 9 dello stesso testo unico non è compreso in questo elenco, nonostante che l’art. 8 del disegno di legge in itinere attribuisce alla Regione la competenza a disciplinare l’attività edilizia nei Comuni sprovvisti di piano, i cui limiti sono oggi indicati nel citato art. 9? E’ augurabile che il Senato della Repubblica abbia già o darà una risposta anche agli interrogativi suesposti. C’è già tanto lavoro per gli avvocati e per i magistrati amministrativi.
www.denaro.it 23-09-2005
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