PALERMO, Museo e convento: L'identità ritrovata SERGIO TROISI GIOVEDÌ 29 SETTEMBRE 2005 La Repubblica, Palermo
Sono stati necessari due sindaci, un commissario straordinario, cinque assessori alla Cultura e quasi un decennio di lavori (il recupero è iniziato nel 1996; neanche tanto, peri tempi dei cantieri palermitani), ma alla fine la Civica Galleria d'Arte Moderna di Palermo ha trovato la sua nuova sede. Anzi la sua prima sede, visto che, come è ampiamente noto, i locali del teatro Politeama assegnati al museo al momento della sua istituzione nel 1910 erano pensati sin dall'inizio come destinazione provvisoria in attesa di una sistemazione più acconcia. È trascorso dunque quasi un secolo, un periodo ampio in cui compiti, ruoli e funzioni tradizionalmente attribuiti ai musei e alle gallerie d'arte moderna in particolare si sono enormemente dilatati: non soltanto in termini funzionali, dovendo cioè fare i conti con strutture di servizio (dalle biblioteche ai bookshop alle caffetterie) ormai nelle esigenze di progettisti e funzionari caratterizzanti gli spazi museali quasi come le attrezzature espositive. Ma anche perché le nozioni di moderno e contemporaneo, che sino almeno alla metà del Novecento erano considerate in stretta contiguità, si sono nell'ultimo periodo fortemente differenziate e le raccolte assemblate (almeno in Italia) nell'ultimo scorcio dell'Ottocento hanno ormai assunto un perimetro cronologico chiuso che raramente conduce oltre la metà del Novecento. Problemi di identità che la nuova sede della Civica Gaileria ha affrontato optando perla fisionomia storicizzata delle raccolte e, presumibilmente, perle attività espositive che andranno programmate partendo dai nuclei fondanti le collezioni: e quindi non soltanto l'Ottocento ma anche quella significativa propaggine novecentesca che annovera alcuni capolavori della collezione (da Casorati a Cagli, da Sironi a Campigli, Pirandello e Guttuso) sinora sacrificati negli ambienti di coda dei locali del Politeama. Bisognerà attendere, per questo, il trasferimento delle raccolte (che avrà luogo probabilmente al termine della mostra di Lojacono, tra gennaio e febbraio prossimi) e la definizione del percorso espositivo. Con alcuni inevitabili problemi che derivano dall'equilibrio non facile tra il recupero filologico dell'immobile con le sue stratificazioni storiche e le peculiari esigenze di uno spazio museale che i criteri attuali prevedono maggiormente aperto e flessibile. L'ex Convento di San Anna, infatti, è frutto di una serie di interventi succedutisi nei secoli che hanno sovrapposto al palazzo edificato dal mercante catalano Gaspare Bonet tra il 1480 e il 1525 gli ambienti realizzati dopo il trasferimento degli immobili all'ordine francescano, nel 1618. Il restauro condotto con la supervisione della Soprintendenza e dell'Ufficio del Centro Storico rendono oggi pienamente leggibile quella complessa vicenda architettonica. Ma se le ampie sale al primo piano della costruzione originaria (dove è stata allestita la mostra di Lojacono) possiedono i requisiti necessari - grandi pareti, larghi punti di visione - il discorso è diverso per i locali al secondo (già stenditoio del convento) e al terzo livello, dove la pavimentazione in cotto rischia di innescare una interferenza cromatica con le opere esposte e la sequenza continua di aperture riduce notevolmente gli spazi espositivi. Una frammentazione compensata dal magnifico panorama a 360 gradi, uno dei più belli sperimentati sulla città antica con una successione mozzafiato di scorci su piazze, cupole e palazzi. Questioni su cui sarà necessario riflettere a mente fredda, anche ipotizzando il mantenimento degli spazi del Politeama come sede per mostre temporanee legate comunque al profilo storico e istituzionale della Galleria. Per il momento, il grande complesso architettonico si pone come un alto momento di riqualificazione di una intera parte dell'antico tessuto urbano tra i Lattarmi e la Kalsa, potenziale asse di irradiazione per il recupero sistematico dei quartieri gravitanti sulle antiche arterie commerciali su cui Palermo si è ordinata nel corso dei secoli. Non è un risultato da poco.
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