Perché no. «Troppi pericoli, resti qui» Umberto Cecchi LA NAZIONE, 28-SET-2005
Sia chiaro, non è per chiusura al mondo, ma per un antico rispetto per cose che oggi si rispettano sempre meno che io la Venere la lascerei dov'è, ben guardata e ben custodita. Il mondo è pieno di Cannata sempre disponibili, per un oscuro moto dell'animo, a sfregiare il segno del genio. Non vorrei che a questi sfregiatori occasionali e compulsivi si aggiungessero i possibili danni di una trasferta affidata a quel destino che Euripide metteva al di sopra degli dei. Me la immagino la mia ragazza bionda tramutata all'improvviso da signora di palazzo a turista, soggetta a mille traversie: ignoranza, impreparazione, pressappochismo, fati in agguato, terremoti e tsunami. No, per favore, lasciatela dov'è. Siamo abitanti di un villaggio globale dove spostarsi è semplice. Che vengano a lei e se la godano nell'ambiente in cui è nata, sulla sua conchigliona, avvolta da veli maliziosi che lasciano immaginare un fascino senza tempo che sublima nel gesto e nel colore la figura di questa ragazza nostrana alla quale è stato affidato un ruolo difficile: quello di dea della bellezza. La Venere non è solo un dipinto, è un racconto carico di significati, ricco di fantasie, pieno di ammiccamenti e di sottintesi, pregnante di un erotismo quasi metafisico: doti delle quali il Rinascimento era ricco. Se non sbaglio il suo volto fu già usato per rappresentare la manifestazione Italia-Giappone: un successo incredibile. Mandammo a Tokio la Ferrari, non la Venere. Non questo mio primo amore adolescente con il quale intessevo dialoghi segreti innocenti e alla quale, ogni tanto, torno a far visita circondato da orde distratte che perlopiù non arrivano a capirne il mistero. Certo, come innamorato vorrei che lei fosse in tutto il mondo, ma in foto. L'originale lasciatelo qui. Al sicuro.
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