L’Archivio audiovisivo del movimento operaio e democratico FULVIO ABBATE 25/09/2005 L'Unità
Tra faldoni e nastri c’è la nostra memoria politica.
- Nel cuore di Monteverde Vecchio, al 14 di via Sprovieri, c'è un portoncino che possiamo facilmente definire «d'epoca», nel senso degli infissi che narrano l'edilizia degli anni Cinquanta o Sessanta, quelli dove abitavano i nonni, o forse il professore di algebra dall'alito pesante che ci impartiva lezioni private al canto dell'autoclave sempre in funzione.
Anche le targhe di ottone fissate al muro servono a dimostrare che l'indirizzo è proprio quello esatto, e dunque - oh, aspirante consultatore interessato alla memoria civile - sei arrivato a destinazione.
Una volta dentro potrai trovare, e appunto consultare, visionare l'intero scibile della rossa memoria politica del paese, con una marcata propensione appunto per le vicende della sinistra, del sindacato e dell'umile Italia, giusto per citare ancora una volta Pier Paolo Pasolini, il poeta de «L'Appenino ». Tuttavia, prim'ancora di entrare, non ti resta che provare a immaginare il catalogo completo, e così subito qualcosa si affaccia alla memoria: sei certo infatti che troverai le immagini, i fotogrammi delle fabbriche in lotta contro i padroni negli stessi anni in cui gli edili romani misero in piedi l'edificio che hai davanti, e poi nomi e bandiere come «Apollon», e facce di operai che non conoscevano ancora il tempo della moda né le vacanze sicure a Ladispoli oppure a Lavinio...
T'immagini perfino di poter trovare i cinegiornali che l'Unitelefilm (che ha sede anche lì) produceva destinandoli a uso interno delle sezioni comuniste, oppure, visto che hai citato quel partito, il celeberrimo «Togliatti è ritornato », un film-documentario realizzato da Carlo Lizzani durante la festa che si tenne al Foro Italico, affinché tutto il popolo potesse sincerarsi di un segretario generale rimessosi in piedi dall'attentato del 14 luglio 1948, quello eseguito dallo studente siciliano Antonio Pallante.
Fondato nel 1979, fra gli altri, da Cesare Zavattini, che ne sarà presidente per i dieci anni successivi, si tratta di un archivio «più del presente che del passato», sempre secondo la parola dello scrittore di Luzzara, e comprende una cineteca (5.000 ore circa in pellicola), una videoteca (5.000 ore circa di videoregistrazioni analogiche e digitali), una nastroteca (3.000 ore di sonori in presa diretta), una fototeca, una biblioteca emolti fondi cartacei: materiali di lavoro (soggetti, scalette, piani produttivi e di montaggio). E perfino «visti di censura».
A scartabellare idealmente fra mensole, faldoni e scaffali c'è modo ancora di rimettere al mondo delle idee la memoria e i volti della strategia della tensione, i giorni del Cile di Allende, l'epopea resistenziale, la Cuba di Che Guevara, la guerra civile spagnola con il Quinto Reggimento di Vidali, il boom economico, il '68, il Vietnam, la morte di Pinelli, la Fiat, Giuseppe Di Vittorio, Gramsci nella sua cella del carcere di Turi, la Shoah, la questione palestinese, il «Cinegiornale libero» di (ancora lui!) Cesare Zavattini, e così via fino ai giorni del G8 di Genova con la tragica morte di Carlo Giuliani.
Dimenticavo, da qualche settimana a dirigere l'archivio è giunto il regista Mimmo Calopresti. E' il caso di brindare, infatti quando l'archivio era gestito dai suoi predecessori non c'era mai verso di riuscire a visionare alcunché. Misteri della libera consultazione negata. f.abbate@tiscali.it
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