Restauro su misura Francesca Bonazzoli Corriere della Sera - Milano 12/1/2021
Ci sono voluti otto operai, due ponteggi e un’intera giornata di lavoro. Eppure, alla fine, la grande pala d’altare con la «Disputa sull’Immacolata concezione» dipinta da Girolamo Genga tra il 1516 e il 1518, è stata spostata solo di pochi metri. Staccata dalla parete della sala 27 della Pinacoteca di Brera, è rimasta lì, ma issata su una struttura in ferro disegnata su misura. Dietro enormi vetri che permetteranno di seguire il lavoro in diretta, verrà ora restaurata sotto gli occhi del pubblico (quando ritornerà). Insomma, non potendo la pala uscire dalla sala, si è deciso di costruirle tutt’intorno un laboratorio di restauro, gemello minore di quello permanente nella sala 19. Il costo di questa impresa è coperto dalla Fondazione Andreotti & Brusone Philantropy Fund che non vuole rivelare la cifra, presumibilmente alta visto che la coordinatrice e responsabile del progetto, nonché vicedirettrice di Brera, Alessandra Quarto, ha impiegato quasi due anni per trovare uno sponsor.
«In base al monitoraggio, attribuiamo coefficienti di urgenza ai dipinti e la pala del Genga era nel nostro radar ormai da anni», spiega il restauratore Andrea Carini. «Purtroppo, essendo alta 440 cm e larga 290 cm, non potevamo muoverla e così eravamo costretti a rimandare continuamente l’intervento». L’ultima movimentazione risaliva al 1978, quando fu disinfestata dai tarli anche la struttura lignea. E proprio da questa, composta da venti tavole di pioppo, avrà inizio il restauro. Nei dipinti su tavola, infatti, i problemi del colore derivano sempre dai movimenti del legno che, essendo un materiale organico, respira e col tempo perde elasticità e si imbarca.
In seguito, si interverrà sulla parte anteriore dipinta. «Tireremo fuori dei bianchi eclatanti da sotto le vernici molto ingiallite applicate nei precedenti restauri. E si tornerà a vedere anche l’architettura dello sfondo. Preventiviamo due anni. Siamo in quattro, ma in contemporanea portiamo avanti il lavoro dell’altro laboratorio», spiega Carini. «L’idea comunque non è fare in fretta. Per noi il restauro non è un momento di sottrazione dell’opera: mentre al Louvre durante il restauro la sant’Anna è semplicemente scomparsa, il nostro concetto è invece fare del restauro l’occasione per un focus speciale sul dipinto, con tante informazioni e contenuti aggiuntivi sulle tecniche, la costruzione del disegno, la stesura dei pigmenti, i materiali usati».
In quest’ottica, accanto alla pala, è stata appesa la straordinaria riflettografia in scala reale che svela nei dettagli i segreti della preparazione del quadro. «Prevedo per questo una processione anche degli studenti dell’Accademia perché la maniera con cui Genga ha lavorato è da manuale».
Arrivata a Brera nel 1809, la pala era in origine la parte centrale di un’enorme macchina decorativa commissionata per l’altare maggiore della chiesa di Sant’Agostino a Cesena. Fu smontata durante le ristrutturazioni tardosettecentesche della chiesa e smembrata in varie parti delle quali solo la cimasa con l’Annunciazione è rimasta in loco. Il Genga, pittore geniale nato a Urbino come Raffaello di cui era di una decina d’anni più vecchio, ci si dedicò per oltre due anni con decine di magnifici disegni preparatori. |