Tutti al lido Michele Anselmi il Giornale, 6/9/2005
Vorrà dire che l'anno prossimo risparmieremo 40mila euro. Tanto gli sponsor non mancano». È proprio arrabbiato Gaetano Blandini, titolare della Direzione cinema presso il ministero ai Beni culturali. Il premio «Diamanti al cinema», condotto domenica sera da Michele Cucuzza nella Sala Visconti dell' hotel Des Bains, doveva servire a promuovere il cinema italiano nell'ambito del festival. Invece, tra disguidi e pacchianerie, scortesie e dimenticanze, s'è rivelato un episodio devastante. Non per colpa dei premiati, tra i quali Carlo Verdone, Giovanni Veronesi, Luca Zingaretti, Neri Marcoré, Roberto Faenza, bensì della pessima organizzazione. Pensate: arrivati a portare il saluto ufficiale della Biennale, Davide Croff e Marco Müller sono rimasti fuori, la porta chiusa loro in faccia. Identica sorte è toccata alle colleghe Gloria Satta (Il Messaggero), Simonetta Robiony (La Stampa), Titta Fiore (Il Mattino), che pure erano state ripetutamente sollecitate a intervenire, con tanto di abito lungo. In compenso gran pienone di commendatori e damazze che poco hanno a che fare col cinema. «Che promozione è se non fanno entrare nemmeno i giornalisti perché i posti ai tavoli sono già tutti occupati?», si chiede Blandini. Anch'egli, benché come ministero risulti tra i finanziatori del premio insieme a Diamond Trading Company, Leo Cut Diamond e S. Pellegrino, ha dovuto alzare la voce per riuscire a entrare. VITTIMISMO. Un classico dei registi italiani: quando vengono esclusi dai festival, si vendicano dando interviste a effetto, per creare il caso. L'ultimo in ordine di tempo è il pur bravo Pasquale Scimeca, il quale, non contento di portare alle Giornate degli autori La passione di Giosuè l'ebreo, tuona sul Corriere della Sera: «La Mostra mi boicotta». In realtà ha semplicemente deciso di non prenderlo. Ma siccome il film racconta la cacciata degli ebrei dalla Spagna della cattolicissima regina Isabella, anno del Signore 1492, Scimeca legge nel rifiuto di Müller non una questione di gusto estetico bensì un segnale di acquiescenza alle regole del mercato e ai diktat del Vaticano. «Poiché la Chiesa sta tentando da tempo invano di beatificare la regina spagnola, meglio non avere un marketing negativo, non parlarne», ipotizza il regista vittimista. Eppure è la stessa Cei, nella valutazione pastorale, a spiegare che il film, ancorché «discutibile, con ambiguità», è «utile per dibattiti». L'Istituto Luce, che distribuisce il film finanziato dallo Stato per 3 milioni e mezzo di euro, prende le distanze dalla sortita di Scimeca, giudicandola «infondata». Meno male. INQUISIZIONE. A proposito di porporati, suscita applausi in sala la frase che sillaba l'inquisitore Pucci, incarnato dal maldestro-luciferino Jeremy Irons, in Casanova. Approdato in Laguna per punire il famoso libertino, il neo Torquemada architetta le peggio cose, tanto «Noi siamo la Chiesa cattolica, possiamo tutto». GHEZZIANA. Da l'Unità, rubrica «Schermo colle»: «Inseguire l'arte: un equivoco corrente del cinema d'oggi, che avanti di centocinquant'anni rispetto all'arte contemporanea nello sprofondio palindromico all'indietro (...) si perde vonTrierianamente nel voler riartisticizzarsi».
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