Croff: «Un dialogo tra culture diverse. Vinceremo la paura del terrorismo» Fabio Cutri CORRIERE DELLA SERA 29-AGO-2005
«Una mostra del cinema? È come un salone dell'auto: l'appassionato di motori non aspetta certo che gli ultimi modelli arrivino al concessionario sotto casa. Allo stesso modo lo spettatore...» Prego? «Non voglio essere dissacrante, per carità. Intendo dire che un Festival come quello di Venezia non è un semplice insieme di film. È un grande evento culturale in cui il linguaggio cinematografico permette un dialogo e un confronto tra culture e visioni del mondo diverse». Siamo agli sgoccioli. Per Davide Croff quella che sta per iniziare è la seconda Mostra del Cinema alla guida della Biennale. Presidente, qual è il ricordo più emozionante del suo esordio dell'anno passato? «L'apertura, senza dubbio: inaugurare la rassegna con The Terminal di Spielberg è stato un battesimo davvero affascinante. E non dimenticherò mai i tre quarti d'ora di passerella di Johnny Depp alle due di notte». Stanno per sbarcare George Clooney, Tim Robbins, Gwyneth Paltrow, Russel Crowe: non c'è il rischio di concedere troppo al divismo hollywoodiano? «Se questa fosse l'unica caratteristica del Festival rispondere di sì. Ma grazie al nostro direttore Mueller abbiamo un panorama davvero ricco ed equilibrato». Da 71 a 57 film: un programma più snello basterà ad evitare gli ingorghi e le scalette in tilt della scorsa edizione? «L'assottigliamento è necessario per una rassegna ordinata. Non c'è dubbio che dopo i fatti di Londra abbiamo di fronte una difficoltà in più, quella della sicurezza...» Ecco, si parla di cecchini sui palazzi e sommozzatori nei canali: quanto peserà la paura del terrorismo sul clima del Lido? «Poco, o almeno questa è la nostra sfida: garantire controlli efficaci senza offendere la natura della Mostra. La ricetta? Molta discrezione e un personale della Biennale estremamente disponibile». Qual è la cosa di cui va più orgoglioso? «L'omaggio a Casanova, fil rouge della manifestazione. È innanzitutto un omaggio che facciamo ai veneziani». Il film che avrebbe voluto avere. Ma non dica Benigni. «Un altro che non era pronto. Tratto da un libro che ho amato molto. Italiano, naturalmente».
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