MANET ponte tra realismo e impressionismo di GABRIELE SIMONGINI 26/08/2005 Il Tempo
UNO STIMOLANTE dialogo e un inevitabile confronto tra l’arte italiana e quella internazionale sono forse i motivi di maggior interesse che accomuneranno alcune fra le più importanti mostre dell’autunno romano. Si comincia dalla seconda metà dell’Ottocento con due mostre rispettivamente dedicate al geniale Edouard Manet e al nostro Federico Zandomeneghi (Venezia 1841-Parigi 1917), da molti definito come il grande «impressionista veneziano». Manet approderà dal 7 ottobre al 5 febbraio nel Complesso del Vittoriano per la prima esposizione antologica a lui dedicata in Italia. Sarà esemplificato il suo intero percorso creativo, capace di rivoluzionare la storia della pittura attraverso un uso apparentemente spregiudicato del nudo femminile che in realtà si ricollegava alla grande pittura veneta e spagnola del Cinque-Seicento, tanto che Manet amava definirsi un classico. Fra i capolavori presentati meritano d’essere segnalati fin d’ora «La ninfa sorpresa», del 1861, e «La giovane donna con cappello tondo», del 1879. Federico Zandomeneghi, contemporaneo di Manet, riceverà invece un degno omaggio espositivo dal 5 novembre al 12 marzo nel Chiostro del Bramante, attraverso centodieci tra quadri e pastelli, tecnica nella quale l’artista veneziano eccelleva. Formatosi fra Venezia e la Firenze dei macchiaioli, Zandomeneghi conobbe un grande successo non appena si trasferì a Parigi, nel 1874, l’anno della prima mostra impressionista nello studio del fotografo Nadar. E dal 1878 lo stesso Zandomeneghi partecipò alle mostre impressioniste, divenendo amico di Edgar Degas, a cui era legato dal medesimo carattere burbero oltre che dall’interesse pittorico per il corpo femminile assai più che per l’«en plein air» tanto caro agli altri impressionisti. La seconda metà del ‘900 e in particolare il nuovo uso di materie extra-artistiche, prelevate dalla realtà quotidiana, saranno i protagonisti di due mostre dedicate rispettivamente al grande scultore inglese Tony Cragg e ad Alberto Burri. Gli artisti e la materia dal 1943 al 2004. La prima sarà costituita da un’installazione monumentale presentata dal 17 settembre al 30 ottobre nel Foro di Cesare mentre la seconda avrà luogo dal 17 novembre al 16 febbraio nelle Scuderie del Quirinale. In pratica la ricerca di Tony Cragg, scultore quasi sessantenne e di fama internazionale, è partita proprio dalle sperimentazioni sulla materia che hanno avuto tra i loro pionieri il nostro Alberto Burri, di cui si ricordano con la mostra delle Scuderie i dieci anni dalla scomparsa. Accanto ad una pregevole selezione di opere di Burri, fra sacchi, legni, ferri, plastiche e cellotex, saranno infatti presentati i lavori di artisti che lo hanno affiancato nel clima dell’informale, come Fautrier, Dubuffet, Tàpies, Fontana o del new-dada americano, con nomi come quelli di Rauschenberg e Johns. Cragg ( che, tra l’altro, realizzerà la scultura-simbolo delle Olimpiadi invernali di ìTorino 2006”) è partito proprio dall’uso di materiali quotidiani ed è poi giunto a sculture dalle forme mutanti, in bilico fra geometrizzazione e biomorfismo organico.
sabato 27 agosto 2005
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