Piani paesistici, un meccanismo complesso Francesco Manfredi-Selvaggi Altromolise, 12 agosto 2005
La struttura degli attuali piani si presenta per alcuni aspetti macchinosa e, per altri, incompleta mancando la previsione di coerenti misure per la loro attuazione. La loro attenuante è che sono i primi piani di scala territoriale fatti nel Molise.
Nei piani è stata attribuita alle diverse categorie d’uso antropiche (così sono definite le attività dell’uomo) una diversa modalità di tutela. È stata valutata la compatibilità delle varie attività antropiche e ciò rende direttamente operative le disposizioni di piano. Per le attività prevedibili con facilità il modo di procedere è chiaramente fissato, mentre necessiterebbe un trattamento particolare per gli interventi complessi, magari composti da più attività, rimandandoli a valutazioni approfondite da condurre in sede di procedura VIA. Non è stata stabilita, però, nella legislazione regionale un collegamento tra la normativa sulla pianificazione paesistica e quella sulla Valutazione di Impatto Ambientale. I piani paesistici molisani si sono, comunque, rivelati non dei piani rigidi, chiusi, ma hanno lasciato spazio ad interpretazioni differenti nel corso della loro attuazione, non imponendo una univoca valutazione delle proposte progettuali sottoposte al parere paesaggistico. Ciò è legato al rilievo assegnato al riconoscimento del valore dei “beni”: tramite la redazione delle Verifiche di Ammissibilità è possibile indagare con relazioni tematiche aggiuntive la compatibilità dell’intervento rispetto alla qualità paesaggistica riconosciuta dal piano. Se si mette in primo piano il valore del bene si ha che i diversi interventi piuttosto che essere pregiudizievolmente esclusi vengono misurati rispetto a tale valore e rispetto a questo valore da tutelare viene verificata la loro compatibilità. Il piano paesistico è, comunque, chiamato ad effettuare delle scelte e, pertanto, a stabilire delle esclusioni che ogni piano correttamente contiene. Si tratta di scelte, e questo è un altro argomento, che non determinano definite destinazioni d’uso del territorio, bensì fissano dei limiti: tocca alla pianificazione territoriale, non alla pianificazione paesistica delineare la localizzazione delle destinazioni d’uso. Il piano paesistico si limita ad essere un piano delle precondizioni, che seleziona tra i tanti usi possibili quelli non pregiudizievoli alla tutela del paesaggio. Passando ad esprimere un giudizio sulla precedente esperienza di pianificazione paesistica si sottolinea che essa non è stata in grado di innescare un processo di pianificazione che coinvolgesse i vari livelli istituzionali. Rimanendo nell’elencazione delle carenze si rileva anche che sono mancati i progetti di recupero dei siti degradati individuati in un apposito elaborato dei piani paesistici, che non vi è stato il sostegno finanziario della Regione a chi impiega materiali tradizionali nelle costruzioni, all’interramento delle linee elettriche, ecc. Nel complesso si può dire che i piani paesistici esistenti possono essere definiti di rottura, in quanto più che definire compiutamente l’assetto del paesaggio molisano ne danno l’avvio. Bisogna tener conto che questi piani sono nati per sbloccare i vincoli imposti dai decreti Galasso e sono stati concepiti come strumenti per violare le disposizioni vincolistiche (incidentalmente si evidenzia che invece della salvaguardia come prodotto del piano abbiamo avuto una salvaguardia che precede il piano). Come giudizio positivo si può dire che l’esperienza fatta permetterà di calibrare attentamente le decisioni che dovranno essere assunte nella revisione dei piani paesistici.
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