II vandalo del Biancone si pente e invia un assegno da 3000 euro 09-AGO-2005 Il tempo
FIRENZE — Una lettera per dire che si vergogna per quanto fatto e un assegno circolare di 3.000 euro intestato al Comune come contributo per riparare il danno fatto alla statua del Nettuno di Piazza della Signoria. Così Claudio Salvadori, il cuoco ventottenne di Empoli che, per salire sul «Biancone» dell' Ammannati, ha rotto una mano del dio marino e danneggiato la vasca della fontana, ha scritto al sindaco di Firenze Leonardo Domenici e ha inviato i suoi risparmi per contribuire al re-stauro.Nella missiva, scritta a mano, il giovane ha chiesto scusa e ha sottolineato di non essere un vandalo, ammettendo di vergognarsi per la bravata che gli è costata una denuncia per danneggiamento aggravato e deturpamento del patrimonio artistico e, perfino, il ferimento di un piede nella caduta. Ha inoltre assicurato la sua intenzione di fare tutto il possibile per contribuire a pagare il danno materiale provocato alla statua, tanto da decidere di vendere la macchina. Le scuse e la somma di denaro sono un gesto positivo, si commenta da Palazzo Vecchio, ma non sufficiente a cancellare la gravita dell'atto vandalico. L'assessore alla Cultura Simone Siliani lo ritiene «un gesto di buona volontà dietro al quale c'è una riflessione, e che pertanto va apprezzato. Tuttavia, nonostante ciò, non si può cancellare il danno e non va dimenticato che la giustizia farà il suo corso». Sulla congruità della somma inviata dal cuoco, Siliani non si sbilancia, in attesa del parere dei legali del Comune di Firenze che dovranno dire se il denaro può essere accettato, considerato che c'è un procedimento penale in corso. Certo è che il restauro dovrà essere pagato dal Comune, ente proprietario dell'opera, che poi potrà rivalersi sul responsabile del gesto vandalico. Una stima delle spese è stata fatta all'Opificio delle Pietre Dure, l'istituto che nei prossimi mesi si occuperà del restauro dei frammenti staccatisi dalla statua. «Esclusa la manodopera, che è compresa nella gestione dell'istituto, bisogna tenere conto dei costi vivi legati alle diverse fasi del restauro», spiega Maurizio Michelucci, direttore della Scuola di alta formazione dell'Opificio e, in questo periodo, facente funzione di soprintendente. «I costi vivi - spiega ancora Michelucci - sono quelli per i materiali usati in laboratorio, resine, collanti speciali, perni in ferro per 5-6.000 euro; quelli per un ponteggio speciale che richiederà un particolare studio ingegneristico e che, al minimo, costerà 20.000 euro tra montaggio e noleggio per i quattro mesi necessari, Ma altri 5.000 euro saranno necessari per i materiali da usare nella fase di ricollocamento ali1 aperto». «Tutto ciò - ha detto l'esperto - senza considerare che l'opera, da questo nuovo restauro, subisce un deprezzamento, un ulteriore decremento di valore dopo i numerosi danni avuti già in passato». Michelucci ha anche ipotizzato un intervento «della Corte dei Conti che, come fa sovente, di propria iniziativa potrebbe imputare al danneggiatore i costi della manodopera come "danno erariale"».
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