Villa Adriana, Ostia antica, Vulci l'archeologia dimenticata e offesa ADRIANO LA REGINA* 07/08/2005 La Repubblica
COLPO su colpo all'archeologia di Roma e del Lazio viene inferto dal Ministero per i beni culturali un sistematico attacco mediante il progressivo indebolimento delle soprintendenze operanti nella città e sul territorio. Due tra i più importanti istituti che si sono occupati per oltre un secolo della protezione del patrimonio culturale italiano, la Soprintendenza archeologica dell'Etruria meridionale e la Soprintendenza archeologica del Lazio, sono stati già unificati sotto il nome di quest'ultima in un ufficio posto alle dipendenze di un solo soprintendente. Analoga sorte sembra ora incombere sull'assetto della tutela archeologica nella città di Roma con il declassamento della Soprintendenza archeologica di Ostia e del Museo nazionale di arte orientale, i quali verrebbero inglobati nella Soprintendenza archeologica di Roma.
Le due soprintendenze dell'Etruria e del Lazio erano istituti molto diversi, ma entrambi di rinomanza scientifica internazionale. Il primo doveva far fronte, tra l'altro, alle esigenze di complessi monumentali come quelli di Tarquinia, Cerveteri, Vulci, Veio, nonché del Museo etrusco di Villa Giulia a Roma e di importanti musei minori. Il secondo istituto, la Soprintendenza archeologica del Lazio, si occupava di una miriade di località antiche della Sabina e del Lazio meridionale, tra le quali spiccano per celebrità le città di Anagni, Alatri, Segni, Cori, Ferentino, Formia, Gaeta, Terracina, nonché complessi monumentali d'incomparabile interesse quali la villa di Adriano e il santuario di Èrcole vincitore a Tivoli, il santuario della Fortuna primigenia a Palestrina.
PROVVEDIMENTI che riguarderanno anche la grotta di Tiberio a Sperlonga e, ancora, un numero straordinario di residenze «suburbane» di imperatori, da quella di Subìaco a quelle dei Colli albani, di Anzio, e così via. A tutto questo sono da aggiungere 83 musei statali e di enti locali, i quali costituiscono una rete di strutture preposte alla difesa ed alla conoscenza dei caratteri storici territoriali senza pari in Italia e nel mondo.
Scoperte archeologiche di prima importanza, che influiscono in maniera rilevante sull'evoluzione delle conoscenze storiche, si susseguono con ritmo incalzante in tutta la regione, e gli uffici preposti al loro controllo hanno dovuto adoperarsi sempre al limite delle proprie forze.
In conseguenza di tale impegno si era tuttavia formata in entrambi gli istituti una consolidata tradizione di studi e di ricerca sul campo. Studiosi illustri si sono avvicendati tra le fila degli archeologi che vi hanno operato e che sono poi passati all'insegnamento universitario, Giovanni Colonna, Mario Torelli, Enrico Paribeni, Giorgio Gullini. Gli altri due istituti che dovrebbero perdere la propria autonomia, la Soprintendenza archeologica di Ostia e il Museo nazionale di arte orientale hanno una storia non meno gloriosa. A Ostia, ora diretta da Anna Gallina Zevi, hanno prestato sevizio Giovanni Becatti, Maria Floriani Squarciapino, Fausto Zevi. Il Museo orientale, che conserva tra l'altro una delle più importanti collezioni di arte del Gandhara (la provincia di Kandahar in Afganistan), è stato fondato circa mezzo secolo fa a seguito dall'attività scientifica di Giuseppe Tucci e di Domenico Faccenna.
La Soprintendenza archeologica di Roma, in cui dovrebbero confluire gli uffici diOstia e del Museo orientale, è già oberata da un enorme carico di lavoro. È del tutto evidente come in tal modo si venga sempre piùasminuirerefficienza delle nostre soprintendenze.
Appare inconcepibile, e imperdonabile, che tutto ciò avvenga poi non per contenere la spesa mediante la riduzione di organico, ma solamente al fine di incrementare a dismisura, come è stato fatto, i posti di dirigente generale per motivi estranei al pubblico interesse. Ne è conseguito, infatti, che compiti dirigenziali delicatissimi e di alta responsabilità, i quali presuppongono ampia consapevolezza critica e dottrinaria di carattere storico, sono ora tenuti da persone del tutto prive di idonea qualificazione.
Nel silenzio e nel disinteresse generale si sta dunque portando a termine il disastroso riordinamento del Ministero della cultura concepito dal precedente ministro, Giuliano Urbani. Durante la sua gestione con il Codice dei beni culturali e del paesaggio sono stati attenuati gli strumenti giuridici già esistenti per la protezione del patrimonio storico e artistico italiano, il quale avrebbe piuttosto meritato l'emanazionedinorme maggiormente severe contro abusi e devastazioni. In concreto si è resa così veramente difficile ogni azione di tutela.
Non contenti di questo si è dato seguito al disegno di indebolire le soprintendenze con il declassamento di istituti di antica tradizione, con l'abolizione della configurazione autonoma per musei che avevano guadagnato reputazione scientifica nel contesto internazionale, con lo svilimento di quei compiti di studio che da sempre erano stati ritenuti un'indispensabile qualificazione per archeologi, storici dell'arte, architetti, e infine con la totale mortificazione di ogni funzione che comporti elaborazione teorica e ricerca scientifica nelle attività di conservazione e di incremento del patrimonio storico e artistico.
Questo è fonte di conoscenza e strumento di crescita culturale per i cittadini o, come dicevano bellamente gli illuministi, «per il progresso del genere umano», prima ancora di essere bene di rilevanza economica e soprattutto oggetto di vile mercificazione. Il ministro Rocco Buttiglione ha dato segnali di ben altra sensibilità nei confronti del patrimonio culturale e di altaconsiderazione del proprio ufficio. Vi è quindi da sperare che egli voglia porre rimedio ai guasti giàprovocatidalsuo predecessore, ed a quelli ancora incombenti, con l'accorpamento di soprintendenze e con la soppressione di musei archeologici.
* Presidente dell'Istituto nazionale di archeologia e storia dell'arte
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