FIRENZE: La paura e le precauzioni per i musei contro il terrorismo Paolo Vagheggi - Antonio Paolucci la Repubblica, 1° ago 2005
Roma II turismo culturale continua ad essere una garanzia di tenuta del Bel Paese e i musei ne sono l'ancora. Nel 2004 i visitatori del nostro patrimonio hanno ampiamente superato i venti milioni ed è un trend che complessivamente è stato confermato nel primo semestre del 2005 anche se ci sono istituzioni che hanno registrato delle perdite: gli Uffizi, ad esempio, che nel 2004 hanno avuto un calo del4,4per cento. In più c'è ora una nuova incognita: perdite di visitatori causate dalla paura di attentati. Dice Antonio Paolucci, exministro dei beni culturali e soprintendente del polo museale fiorentino: «Nel primo semestre del 2005 i musei fiorentini hanno recuperato, hanno avuto un calo dei visitatori inferiore al due per cento dovuto alla stanchezza fisiologica del turismo italiano, a una certa disaffezione per Firenze e la Toscana. Insomma tutto sommato nulla di preoccupante. Vedremo però quali sono gli effetti dell'ondata terroristica. Questo invece mi preoccupa. Ma dovremo aspettare qualche mese per capirlo». In questo senso ci sono già dei segnali? «Segnali veri e propri non direi. Nei musei ci sono ancorale code. Ma questo vuoi dire poco. Bisognerà vedere i numeri. Onestamente bisogna dire che c'è molta apprensione in giro. Le valu-tazioni vere bisognerà farle con i dati in mano. Il calo del 2004 degli Uffizi comunque era dovuto all'applicazione abbastanza rigida delle norme di sicurezza. All'interno della galleria non possono sostare contemporaneamente più di tanti visitatori. Stiamo cercando di correre ai ripari». Ma le nome di sicurezza all'interno dei musei sono sufficienti? «Dico quello che dicono anche i miei colleghi: colpire una chiesa o un museo è abbastanza facile. Il nostro patrimonio artistico è immenso. Fino ad oggi era valso il principio che le chiese, le biblioteche o i musei sono luoghi sacri, rispettati durante le guerre. Ma il terrorismo nostrano ci ha insegnato altre cose: la galleria degli Uffizi è stata colpita il 27 maggio del 1993 da una bomba mafiosa. Da allora neanche le istituzioni museali sono al sicuro, non sono più luoghi sacri. Purtroppo è questo l'insegnamento fiorentino. Il nostro patrimonio artistico dunque è vulnerabile e i soprintendenti non sono stati addestrati per compiti di polizia. Neppure il personale di custodia, non è addestrato all'interdizione. Quello che si può fare lo stiamo facendo. Agli Uffizi ci sono già i metal detector e stiamo per installarli anche a Palazzo Pitti e alla Galleria dell'Accademia dove è custodito il David di Michelangelo. Ma... siamo costretti ad affidarci alla sorte». Altra questione. I musei italiani continuano ad essere raffrontati con quelli stranieri. I nostri ricavi possono salire ancora? «Quella degli utili dei musei è una leggenda. Nessun museo può essere in attivo. Sono tutti in perdita, compresi quelli stranieri. I musei fiorentini ogni anno hanno più di cinque milioni di visitatori, con più di venti milioni di euro di incasso dalla vendita dei biglietti e dai book shop. Di più non è possibile fare. Potremmo avere ricavi superiori se ci fosse l'affitto delle sale per comunioni, matrimoni e cose simili. Manon sarebbe più un museo ma un luna park». A ottobre sarà trascorso un anno dall'istituzione dei poli museali. Il bilancio è positivo? «Il bilancio è abbastanza positivo anche perché in questo modo viene allontanato il fantasma delle fondazioni, cosa che io considero nefasta, nociva. Le fondazioni sono un'istituzione di tipo americano, legata ai grandi capitalisti. Qui non siamo negli Stati Uniti. Esisteva la famiglia, quella degli Agnelli, ma la Fondazione di Palazzo Grassi ha fatto la fine che ve- diamo. Le uniche fondazioni che esistono sono quelle bancarie che non sono private. Preferisco questo sistema per dimostrare che anche lo Stato può avere esiti positivi». Il codice dei beni culturali varato da Urbani aiuta o ha esiti negativi? «Ci sono all'interno aspetti negativi e positivi. Non lo giudico nefasto. La cosa più importante è che per la prima volta il paesaggio è diventato un bene da proteggere. Certo, siamo intervenuti quando il paesaggio è stato in gran parte distrutto ma è un passo importante. La parte difficile del codice è quella che riguarda il federalismo, l'intesa con le regioni e gli enti locali. Può funzionare bene in certe regioni e male in altre. La distinzione tra tutela, che resta dello Stato, e la valorizzazione degli enti locali è difficile da gestire. I peggiori guasti alla tutela sono avvenuti in nome della valorizzazione». L'arrivo di Buttiglione al ministero ha comportato dei cambiamenti? «Il ministro non ha ancora riunito i soprintendenti. Ma ormai siamo in pieno clima elettorale e non invidio Buttiglione in questa fase». Da anni si parla dei Grandi Uffizi, dell'ampliamento della galleria. A che punto siamo arrivati? «Sono state indette e concluse le gare di appalto. In autunno, se non ci saranno ricorsi, denunce e contro denunce come spesso accade in Italia, cominceranno i lavori». E l'uscita disegnata da Arata Isozaki, la famosa «pensilina» sarà costruita? «Non se ne parla più. Non piace alla destra e neppure alla sinistra locale. Resta per aria. Non ci sono segnali di avvio della costruzione».
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