Boccio il corno ma l'idea è intelligente di ERNESTO ALBANESE 18 agosto 2017, LA REPUBBLICA
"In tutto il mondo si mescolano classico e moderno con un coraggio architettonico per noi impensabile"
La scarsità di notizie politiche ha lasciato negli ultimi giorni ampio spazio alla polemica sul Corno, un’installazione alta 60 metri che l’amministrazione comunale intende realizzare sul lungomare durante le prossime festività. Come normalmente accade in questi casi, il dibattito è stato monopolizzato dalla borghesia intellettuale della città, che – a dispetto della tradizionale indifferenza rispetto ai problemi di Napoli - ha riversato sul progetto un fiume di critiche, con il tipico atteggiamento distruttivo e mai propositivo.
Ho spesso stigmatizzato la gestione del sindaco de Magistris ma questa volta sento di dover spezzare una lancia in suo favore. Il Corno può non piacere ed in realtà il progetto apparso sui giornali anche a me non piace. Il design può essere migliorato e reso più elegante, ma trovo intelligente l’idea di rinnovare l’offerta turistica con installazioni “a tempo” di questo tipo.
Chi conosce il turismo sa bene che il viaggiatore dei nostri tempi è alla ricerca di esperienze ed emozioni più che della tradizionale visita a musei e monumenti. Questo vale soprattutto per i turisti più raffinati - e quindi con maggiore capacità di spesa – e per quelli che grazie a queste innovazioni culturali hanno un motivo per ritornare in un luogo già visitato.
In tutto il mondo si mescolano tranquillamente il classico ed il moderno, con un coraggio architettonico che da noi è impensabile. Quando fu realizzata nel Louvre la famosa piramide di vetro ci fu qualche polemica ma, grazie al coraggio di chi difese quella decisione, Parigi può oggi vantare una nuova icona della città che richiama milioni di visitatori da tutto il mondo. A Caserta, invece, si fecero fuoco e fiamme per una installazione molto meno impattante davanti all’ingresso della Reggia, opera che venne poi rapidamente rimossa. Anche in quel caso furono le esternazioni di alcuni intellettuali ad attivare la reazione di alcuni funzionari della Sovrintendenza ai Beni culturali, troppo spesso specializzati nel tutelare in modo gattopardesco la propria visione del “bello “ e del tutto disinteressati a comprendere quello che incuriosisce ed attrae i nuovi visitatori.
Napoli sta vivendo un boom turistico senza precedenti ed ha oggi un’occasione irripetibile per consolidare un proprio ruolo di primo piano nel panorama turistico internazionale ed evitare che, tra qualche mese o qualche anno, i turisti tornino a preferire destinazioni come Egitto e Turchia, che hanno attrazioni culturali altrettanto valide, ma strutture decisamente migliori. A mio avviso è questo il punto su cui si dovrebbe concentrare un dibattito tra istituzioni e società civile. Il turismo richiede trasporti, alberghi e servizi efficienti, tutti aspetti su cui Napoli risulta essere spesso molto indietro. Nei giorni scorsi sono stati diffusi numeri incredibili sulla quantità di B&B abusivi presenti in città, che sono ormai numericamente pari a quelli regolari. C’è stata negli ultimi anni una crescita spaventosa di questo tipo di ricettività che, se da un lato crea opportunità economiche per tante famiglie, dall’altro non risponde alla domanda tipica del turismo di qualità che ha bisogno di alberghi grandi con sale congressi, standard internazionali, centri benessere.
Sarebbe compito primario delle istituzioni locali attrarre ed indirizzare capitali privati verso questo tipo di investimenti, lasciando da parte le derive populistiche che invocano un turismo di tutti e per tutti. Turismo di massa e turismo di qualità possono e devono convivere. Ma mentre il primo riesce a generare autonomamente una propria offerta – proprio ad esempio con la diffusione dei B&B –, per sviluppare il turismo di qualità serve un indirizzo pubblico che crei le condizioni per gli investimenti ed identifichi le aree in cui investire. Il turismo ha dimostrato ovunque di avere la capacità di rigenerare interi territori ed anche Napoli ha tante zone degradate e spesso in abbandono, che potrebbero essere riqualificare senza occupare nuovi suoli. A Bagnoli sembra che qualcosa sia finalmente partita per fare di quest’area una zona aperta alla cittadinanza ma anche adatta ad accogliere un turismo di qualità, a partire ad esempio dalla nautica.
Vi sono però altre zone che potrebbero essere oggetto di riqualificazione urbanistica per ospitare infrastrutture turistiche di livello elevato. Penso a San Giovanni a Teduccio, alla zona di corso Novara, alla ex Nato di Bagnoli. Senza contare i tantissimi immobili in totale abbandono di proprietà comunale o comunque pubblici disseminati su tutto il territorio della città. L’ex ospedale militare ai Quartieri Spagnoli è uno degli esempi più eclatanti.
Gli enti pubblici, che non avranno mai le risorse economiche per sostenere questi investimenti, dovrebbero limitarsi ad un processo trasparente di assegnazione delle aree ai privati, corredate dalle necessaire autorizzazioni urbanistiche, e ad un controllo rigoroso sul corretto uso di tali beni da parte degli assegnatari. Processi del genere sono ormai diffusissimi in molte città del mondo ed hanno generato sviluppo ed occupazione. Non si capisce perché da noi queste cose diventino percorsi inaccessibili. Spero quindi che il sindaco de Magistris non torni indietro sul Corno di Natale, magari limitandosi a chiedere di correggerne il design con il contributo di qualche giovane architetto e non di uno dei soliti nomi che oggi si dichiarano scandalizzati. Ma spero soprattutto che le istituzioni locali trovino il coraggio di osare su progetti di lungo periodo. Napoli ha un disperato bisogno di decisioni coraggiose e quando vuole ha dimostrato di avere risorse umane e professionali straordinarie per realizzarle e valorizzarle. Se invece il sindaco cedesse ai veti della “intellighenzia” retrograda, non ci resterebbe che sperare nel malocchio contro la maledizione che soffoca questa città ed allora potremmo sempre ricorrere ai tipici cornetti di plastica di cui sono piene le bancarelle.
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