Dal David alla Pietà - II catalogo dei capolavori feriti. Vittime di folli col martello o semplici bravate 04-AGO-2005 La Repubblica
ROMA — Ritornano: d'estate, quando la notte fa troppo caldo per dormire e per strada cercano una via di fuga all'inquietudine, alla noia o anche a niente.
Quelli che danneggiano le opere d'arte, i vandali, si riconoscono sempre - dopo - perle tracce che lasciano nelle cose che fanno.
L'euforia e l'ebbrezza, il disprezzo o la follia che li agita si stampano nelle ferite che lasciano dentro la carne di un patrimonio di tutti.
Ce n'è abbastanza da scrivere una storia lunga qualche decennio di gesta per niente memorabili. Come accadde per Laszlo Toth che, a 33 anni entrò nella Basilica di San Pietro gridando «Sono Gesù Cristo» e armato di martello sfigurò con quindici colpi la Pietà di Michelangelo. Grazie alla pazienza dei restauratori il volto della Vergine, nato dalla mano di Michelangelo nel 1555, tornò splendido e venne protetto da una teca.
Il tribunale italiano dichiarò Toth pazzo, lui sparì in Australia. Poi c'è stato il David, la statua più famosa del mondo la cui bellezza deve aver fatto corto circuito dentro la testa di Pietro Cannata, quasi una star seriale del vandalismo, che ha esordito nel 1991 armato di martello contro il capolavoro di Michelangelo esposto alla Galleria dell'Accademia fiorentina e ha proseguito scagliandosi contro "Le esequie di Santo Stefano" di Filippino Lippi nel duomo di Prato nello stesso anno, e cosi via per un elenco di prodezze fino agli scarabocchi su un dipinto di Jackson Pollock esposto alla Galleria nazionale d'arte moderna di Roma nel 1999. Ora ha quasi sessant'anni, non ha mai rinnegato le sue imprese.
È di nuovo agosto quando scoppia il caso della fontana dei Fiumi di Bernini a piazza Navona a Roma. In tre si cimentano in una specie di gara di tuffi, una prova da bulli di fronte alle turi-ste, un momento di delirio da calura. Uno di loro si mette a fare cavalluccio sulla coda del tritone che si disfa in tre partì, come fosse gesso.
«Ma che volete, ce stavamo solo a diverti'», disse alla polizia Sebastiano Intili, 43 anni quell'estate, nel 1997.
Vent'anni prima la statua era stata danneggiata nello stesso punto e quella del Nettuno, sempre sulla piazza, mutilata dal bagno modello Dolce vita di Cicciolina con i suoi fan in campagna elettorale nel 1980.
A seguire, le cronache registrano una serie infinita di attacchi alle cose belle che sono anche simboli di una storia, di una cultura. Come quello contro il portale del duomo di Milano, preso a martellate nel 1998 con conseguente sfregio di due bassorilievi. Lo stesso anno, una bambina in visita con la classe alla mostra dedicata ad Henri Matisse ai Musei Capitolini a Roma scarabocchia e buca con la penna tre tele dell'artista.
Ancora Roma sotto il tiro dei vandali dell'arte, come accadeva periodicamente con le statue del Pincio a Villa Borghese, ora sostituite da copie e con la seicentesca fontana delle Api, simbolo dei Barberihi in fondo a via Veneto, mutilata a più riprese. Piccoli, grandi sfregi contro un patrimonio troppo vulnerabile anche solo per noia o distrazione.
|