Tombaroli fai-da-te in vacanza a Porto Cervo di PIiera Serusi 02 agosto 2005 l'Unione Sarda
Cresce il mercato fino ai Paesi del Medio Oriente e così diminuiscono i furti di repertì su commissione
La variabile stagionale è la Costa Smeralda, terra di stelline disperate e uomini d'affari in villeggiatura, nonché meta di pellegrinaggio per l'ultima generazione di tombaroli, quelli che non hanno bisogno di commissione e lavorano col metodo fai-da-te. Passaparola fino al canale giusto, quello del mediatore tra ì manovali e gli appassionati di epoca nuragica e romana. Piazza buona, Porto Cervo e dintorni, meglio base d'appoggio per la preziosa refurtiva che finisce nelle mani giuste e parte subito lontano dalla Sardegna, dall'Europa e, con ottime probabilità, dalle rogatone internazionali. Non più solo la Svìzzera, gli Stati Uniti, la Germania: il mercato clandestino degli antichi reperti della storia sarda si è allargato fino ai Paesi del Medio Oriente, fin dentro le magioni dei collezionisti arabi che sono disposti a pagare cifre straordinarie per accaparrarsi bronzetti (valore medio 150 mila euro) e navicelle (in media 250 mila euro). Sarebbe finita proprio laggiù, secondo diverse indiscrezioni non confermate dagli investigatori, la refurtiva del prelievo avvenuto nel 1999 al museo di Orani: otto lettini di terracotta e due bronzetti di Costantino Nivola. NUOVA LEVA DI PREDONI. L'ultimo furto è avvenuto soltanto qualche giorno fa nella necropoli di "Sas Concas", in agro dì Qniferi. I vandali hanno lavorato di scalpello sulla parete di una domus de janas e hanno staccato una lastra di trenta centimetri per quaranta con incisioni di epoca prenuragica. Ora, davanti a un bene catalogato, conosciuto in tutto il mondo come esempio dell'arte funeraria di epoca antichissima, viene difficile pensare che si tratti del colpo di seri professionisti. Il punto è che è molto difficile piazzare opere di questo tipo, e seppure si trovasse un compratore questo sa bene che può giocare al ribasso. Tanto che, lo sanno i predoni più seri, il rischio non sarà mai paragonabile al guadagno. Meglio i beni che vengono da scavi clandestini, bronzetti, monili, navicelle che viaggiano su un mercato ampio, vitale e libero. Un mercato che sì fonda sulle regole della domanda e dell'offerta, «tanto che - non sì stanca di ripetere Gianfilippo Manconi, comandante del nucleo dì tutela del patrimonio culturale di Sassarì - pensare che dietro al trafugamento di reperti vi siano indicazioni ben precise da parte dì personaggi con determinati interessi è spesso solo un luogo comune, una leggenda». Altro che furti su commissione, insomma. Questo è un settore sano e in crescita: uno ruba, cerca un gancio attraverso quei canali impermeabili alle forze dell'ordine, e piazza che è una bellezza. IMA QUALI PASTORI. Il capitano Manconi dice che c'è un altro luogo comune da sfatare in materia. E non si stanca di ripeterlo nelle sue conferenze e nei convegni. «Non si può mica credere davvero che i tombaroli siano per la maggior parte pastori. Certo, ci sono allevatori che hanno svaligiato tombe e trafugato reperti, soprattutto in passato, ma la parte cattiva esìste in ogni categorìa. Quel che si deve ammettere è che noi dobbiamo proprio ai pastori la conservazione dei siti archeologici: non bisogna dimenticare, ad esempio, che il novantacinque per cento dei nuraghi sta in terre di proprietà privata». Sulla stessa linea Gianfranca Salìs, archeo-loga e assessore ai Beni culturali e ambientali della Comunità montana di Nuoro. «Uno dei problemi seri è che le campagne non sono più vissute, frequentate co- me un tempo. I pastori erano, e sono, i custodi di questa terra». Pastori o non pastori, una cosa è certa per il capitano Manconi: «II patrimonio archeologico non sarà mai al sicuro se non cambia la mentalità della gente, se non si arriva a capire che questo è un patrimonio di tutti». SOUVENIR PER TURISTI. C'è quello che si accontenta della sabbia rubata in spiaggia, chi dell'alberello di leccio da trapiantare in giardino, chi della pietra lavorata dal vento, e chi - di gusti più raffinati - punta decisamente sul reperto archeologico. Ci sono anche i turisti nella casistica dei potenziali tombaroli. Acquirenti di pezzi antichi e» direttamente predoni fai-da-te. È una delle piste seguite dagli investigatori anche per quanto riguarda il trafugamento della lastra d'arte funeraria della donius dì Oniferi. Quello è un sito conosciuto da sempre, il suo valore è ben chiaro da tempo - perché, si chiedono gli inquirenti, proprio adesso viene danneggiato? MA QUALI TURISTI. Non ci crede neanche un po' Maria Ausilia Fadda, archeolo-ga della Soprintendenza. «È troppo semplice chiamare in causa anche i turisti ogni volta che accadono furti di questo genere. I tombaroli non entrano certo in azione soltanto d'estate ma anche durante gli altri mesi dell'anno. Il problema - spiega la dottoressa Fadda - è che manca la coscienza del valore dì questo patrimonio, a cominciare dai Comuni che sono moralmente impegnati nella gestione delle aree. Una gestione che, se fatta con scrupolo e intelligenza, è una risorsa che porta occupazione e benessere. Il punto è che in Sardegna, e nel Nuorese in particolare, tranne qualche rara eccezione siamo all'anno zero nel settore del turismo culturale. Si lavora d'estate, magari spennando i turisti con i biglietti troppo cari per l'ingresso nei siti, e poi d'inverno si ferma tutto. Non si pensa ad esempio, come invece sì fa altrove, alle visite guidate per le scolaresche o per gli anziani; non si pensa ai concerti, ai convegni, a tutto quanto può ruotare attorno a un'area archeologica che va vìssuta e valorizzata tutto l'anno». IL MODELLO. Lo fanno a Domali dove giusto qualche giorno fa è nata Atlantìkà, consorzio di sette cooperative che sì occupano di escursioni, trekking, beni culturali e archeologici. Giampaolo Mulas, 53 anni, e uno dei fondatori della cooperativa Ghivine che gestisce i siti di Tiscali, Serra Or-rios, Nuraghe Mannu e il museo archeologico. Otto persone impegnate tutto l'anno, più cinque dipendenti assunti da aprile a tutto ottobre. «La gestione di un sito porta i suoi frutti dopo anni dì impegno e di sacrifici. Abbiamo cominciato quindici anni fa e per tanto tempo ognuno di noi aveva un altro lavoro. Ora riusciamo a guadagnare bene grazie alle escursioni in montagna, al trekking, alle visite in grotta: un impegno che ci assorbe tutto l'anno e che d'estate cresce dì tanto, proprio perché arriva il grosso della clientela». Quanto alla clientela dei siti i numeri dicono tutto: 11 mila presenze, in media all'anno, a Tiscali; 20 mila a Serra Orrios. «Noi apriamo tutti i mesi dell'anno, non solo d'estate», sottolinea Giampìero Mulas. Un'eccezione, a dire il vero. E per i tombaroli, che siano pastori o no, è una festa.
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