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I volti di Napoli, Emanuele Greco: "La storia di Neapolis riscritta dal metrò"
di STELLA CERVASIO
11 giugno 2017 la repubblica



Professore universitario, tra i maggiori archeologi italiani, ha lasciato la direzione della Scuola italiana di Atene e ora si occuperà di rilanciare la Fondazione Paestum, che lui stesso fece nascere 24 anni fa


I suoi allievi di allora rischiano di trovarsi di fronte a un curioso gioco del tempo. Loro invecchiati, lui immutabile. Stessa verve e uguale piglio combattivo, medesimo intuito, grande cultura da maestro. Emanuele Greco è ancora il professore universitario- guida per uno studente incantato dalle antichità. Il suo concetto di "pensione" è molto diverso dal riposo immaginato dai più. Lo incontriamo nella biblioteca di Palazzo Corigliano, prima della sua lectio magistralis su Ippòdamo di Mileto: dal Pireo a Thurii".

Ippòdamo fu il primo archistar della storia che si vuole abbia inventato la progettazione urbanistica su assi ortogonali: cardini e decumani. È l'incontro, molto festoso, con i suoi ex allievi. Greco lascia la direzione della Scuola Archeologica Italiana di Atene, gli succede Emanuele Papi. Lui si occuperà di rilanciare la Fondazione Paestum che fece nascere 24 anni fa "anche per creare un legame tra chi fa ricerca e pubblico. Gli abitanti del posto hanno il diritto di sapere la loro storia. Sono sempre contrario agli accademici spocchiosi che parlano un linguaggio elitario".


I decumani hanno provocato anni fa un ritorno di fiamma del turismo a Napoli. Sui libri si è sempre letto impianto ippodameo di Neapolis come quello di Taranto - dove lei è nato - di Thurii, realizzate dal progettista del Pireo. Che ha a che fare Ippodamo con la sirena Partenope?
"Non parlerei mai di decumani e cardini: Napoli è greca, parlerei di plateiai, che significa vie larghe, da cui infatti deriva "plaza". Napoli è preippodamea. Oggi, grazie agli scavi per la metropolitana dell'archeologa Daniela Giampaola sappiamo che non è stata fondata nel 470 ma almeno 50 anni prima, intorno al 520, e si inquadra quindi nel periodo delle lotte di fazioni di Cuma contro il tiranno Aristodemo. Tutto torna: il ceto mercantile sconfitto emigra e va a fondare Napoli. È l'unica città della storia greca fondata nel territorio della madre patria: fino ad allora mai i coloni avevano fondato una città dentro casa. In realtà c'è stata una divisione del territorio: mentre prima Cuma arrivava fino a Pizzofalcone e alle paludi della stazione, dopo la fondazione di Napoli a nord abbiamo i grandi proprietari terrieri che fanno i soldi con il grano, a sud invece nasce questa città con una grandissima vocazione al commercio aiutata dal porto".

Quindi la storia di Napoli viene riscritta grazie a un treno...
"In realtà già a partire dal dopoterremoto dell'80. L'archeologia è sempre al traino dei grandi lavori, spesso anche catastrofi. Ora andrebbe pubblicata una guida di Napoli, che non c'è. Questa città è una "ville antique sans antiquitées" ".

Qual è il modo giusto per lavorare sulla memoria?
"Le scuole, si parte dalla storia della città. Lo cito sempre: Cicerone dice a Varrone, studioso di antichità: "Tu hai ricondotto noi stranieri in patria". Venendo da Roma vedevo che sul luogo dove uccisero Giulio Cesare c'è un'agenzia di viaggi. E dove siamo noi ora, in piazza San Domenico Maggiore, sotto l'obelisco di Picchiatti, finiva Napoli. Ma chi se ne frega? Siamo portatori insani di una memoria inutile...".

Negli anni '80 lei ha insegnato all'Orientale, con studiosi che con lei avrebbero dato contributi importanti alla ricerca.
"Era un gruppo formidabile. L'iranista rettore Gherardo Gnoli e il suo successore, l'indianista Maurizio Taddei, ebbero un'intuizione geniale: far incontrare occidente e oriente. Chiamarono Bruno D'Agostino, Leopoldo Gamberale, Albio Cesare Cassio, Giovanni Cerri, Augusto Fraschetti che con Andrea Giardina era stato allievo di Santo Mazzarino uno dei maggiori studiosi di Roma antica, e Mario Mazza, Domenico Musti. Nacque la facoltà di Lettere dell'Orientale e i grandi della Federico II ci vedevano come il fumo negli occhi. Furono anni assai vivaci di convegni, di studi sulla città antica, sulla colonizzazione greca. D'Agostino fondò con Jean-Pierre Vernant, Marcel Detienne e Alain Schnapp il Cif, Centro per lo studio dell'ideologia funeraria. Il primo convegno fu fatto a Ischia. Il sindaco fece affiggere un cartello che diceva "benvenuti al Centro studi sull'ideologia". "Funeraria" la cancellò, pensava portasse male. Eppure quel convegno aprì nuovi orizzonti alla ricerca".

Era anche epoca di grandi scavi...
"D'Agostino scavava a Pontecagnano, io a Paestum, Ida Baldassarre a Ostia. Formando nel contempo studiosi di primo livello come Matteo D'Acunto e Fabrizio Pesando, uno dei nostri maggiori pompeianisti".

Sembra si parli di tempi lontanissimi, eppure l'archeologia è un giorno sì e l'altro pure in televisione.
"Non parliamo degli odierni divulgatori che un altro grande collega di quel periodo, l'epigrafista Carlo Franciosi, chiamava "venditori di pentole a pressione" ".

Ma qual è la ricetta giusta?
"Protagora diceva che non si deve abbassare il livello della cultura per farla capire, ma elevare quello della massa. La carne marcia costa meno, è logico,
ma non è commestibile. La cultura non è roba polverosa, ma genuina, vivificante. E non deve diventare Disneyland per "auri sacra fames", quella che Virgilio definiva esecranda fame dell'oro. Ricordiamo che cosa dice l'articolo 9 della Costituzione: "La Repubblica promuove lo sviluppo della cultura". Invece in tv impazzano le "fake news"e quelli come Vincenzo Monti descritto da Foscolo: "gran traduttore dei traduttor d'Omero".



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