Archeologi da tutto il mondo. Case e botteghe, Carlo Avvisati Il Mattino 30/6/2005
Pompei. Con le loro indagini puntano a fornire un nuovo tassello al grande mosaico, ancora in parte poco noto, della Pompei pre-romana, i tre istituti universitari che dalla prossima settimana inizieranno le indagini stratigrafiche e i primi saggi di scavo in quella zona della città antica situata nella parte destra di via Stabiana, tra l'area dei teatri e porta Stabia. Gli scavi sono coordinati da Steven Ellis, per le università di Sidney (in Australia) e del Michigan (Usa), e da Gary Devore per la statunitense Stanford University. Il piano generale delle ricerche si chiama «Parpps» dalle iniziali di Pompei Archaeological Reserch Project Porta Stabia, ovvero «progetto archeologico di ricerca su porta Stabia di Pompei» e vedrà al lavoro per cinque settimane trenta archeologi provenienti appunto da questi tre atenei, ma anche da università canadesi, inglesi e italiane. Tra gli obiettivi che lo studio si propone di raggiungere c'è quello di definire con maggiore puntualità quanta influenza abbia avuto l'arrivo dei «conquistatori» romani nell'89 avanti Cristo Pompei subì un violento assedio, venendo poi espugnatal'anno dopo, da parte delle legioni di Silla - sia sulla nuova pianificazione urbanistica statale e privata che sulla gestione della vita pubblica e culturale cittadina. L'area da indagare si presenta quanto mai degna di attenzione. Lungo quell'asse viario (che taglia la città da nord a sud, costituendo il suo Cardo principale) e nelle sue immediate prossimità si trovano edifici pubblici e privati certamente significativi (tra cui i Teatri, la Caserma dei gladiatori, la Casa del Citarista) oltre a un notevole numero di botteghe, esercizi di ristoro, alberghi, attività produttive e depositi per materiali da costruzione. «L'elemento importante - puntualizza Ellis - è capire quali siano state le ricadute pratiche sulla popolazione in seguito al processo di romanizzazione attuato dai conquistatori all'indomani della vittoria. E cercheremo anche di scoprire cosa accadde quando i romani distrassero una parte di Pompei per costruire nuovi edifici». Degna di interesse, poi è Porta Stabia. Fiancheggiata da mura in opera quadrata di pietra calcarea, viene stimata come una delle più antiche della città. Da quel varco, nel 79 dopo Cristo, in tanti scapparono verso la marina antica nell'estremo tentativo di un poco probabile imbarco. E non si può escludere che le indagini permettano di individuare scheletri di fuggiaschi, giustificando in tal modo le ipotesi di alcuni studiosi che vogliono la direttrice nord-sud come strada preferenziale verso la salvezza. Tre anni fa, nel corso di indagini finalizzate alla sistemazione dell'area cittadina esterna alle mura, si rinvennero le tracce della via che conduceva in direzione di Stabiae, i resti di cinque scheletri (accanto a uno dei corpi venne trovato anche un anello d'oro) e alcune tombe. Un dato, quello del numero degli scheletri, che incuriosì gli studiosi. Il gruppo, difatti, se si escludono i corpi rinvenuti nel cosiddetto Orto dei fuggiaschi e l'altro scoperto nella Casa di Polibio, risultava tra i più numerosi mai rintracciati in 250 anni di indagini. All'epoca della scoperta si parlò anche di analisi da effettuare sul Dna degli scheletri per verificare eventuali legami di parentela oltre che avviare indagini per capire quale effettivamente fosse stata la causa della loro morte: soffocamento per le ceneri trasportate dalla nube bollente o avvelenamento da gas. Potrebbe, comunque, esistere ancora la diversa possibilità di un decesso dovuto a più di una causa. Una particolarità colpì gli archeologi, allora: la posizione degli scheletri, situati su lapillo, alcuni metri sopra la sede stradale. Un dato che potrebbe portare nuovi elementi sulla conoscenza delle fasi eruttive nei diversi punti della città. E, appunto all'acquisizione di nuovi dati sono dirette le indagini del pool archeologico. «Scavare questa parte di Pompei - sottolinea Gary Devore - è una opportunità unica; quest'area della città è importantissima. Siamo interessati a come l'aspetto domestico e commerciale sia riuscito a sopravvivere pur restando nell'ombra, rispetto ad edifici pubblici monumentali come il Teatro grande e il Tempio di Iside. Per noi è una vera fortuna: raramente gli archeologi hanno avuto accesso a zone di questa importanza e sulla cui storia c'è ancora tanto da dire». |