La biblioteca di Baghdad alla ricerca dei libri perduti Carla Reschia La Stampa, 28/06/2005
Su oltre un milione di volumi ne sono andati distrutti almeno 250 mila Ma ora, grazie agli aiuti internazionali, lesale sono riaperte ed è ripresa l'attività culturale
Si dice “molto ottimista” sul futuro del Paese ma ammette che per ora nell'Iraq, già polo intellettuale del Medio Oriente, la cultura è un lusso perché la priorità è la sicurezza. Saad Eskander dirige la Biblioteca nazionale di Baghdad dalla sua riapertura il 4 luglio 2004, dopo l'incendio che ad aprile 2003 aveva distrutto il 25% per cento delle raccolte e gran parte dell'Archivio. Eskander è un iracheno della generazione dell'esilio, laureato a Londra e tornato dopo la caduta del regime. È in Italia per prendere contatti con il Laboratorio per il restauro attivo a Firenze, a cui conta di affidare il recupero di alcune opere rare e anche chiedere consulenza per creare una struttura simile a Baghdad nell'ambito di un progetto condotto con l'Ong «Un ponte per». È stato lui a seguire fin dall'inizio il faticoso inventario dei danni. Uh conto che, ancora oggi, spiega, ha un margine aleatorio. «Su oltre un milione di libri - racconta - ne sono andati distrutti almeno 250 mila. Ma è arduo fare una valutazione precisa perché durante il regime la Biblioteca era in abbandono fin dai tempi della guerra contro l'Iran, nel 1980, tanto che il ministro della Cultura Hammadi la chiamava "il cimitero dei libri"». Migliaia di collezioni, soprattutto quelle di carattere liberale, quelle curde, sciite e marxiste, rivela Eskander, erano state distrutte. «I direttori sono sempre stati fedelissimi del Ba'ath e i fondi erano programmaticamente scarsi, così da impedire ogni aggiornamento e acquisizione, per non parlare di pratiche di tutela e conservazione». Dal 19S7, proprio per la mancanza di finanziamenti, l'Archivio e la Biblioteca erano stati accorpati e questo forse è stato alla base dell'incendio di due anni fa. Le inchieste condotte per accertare la natura del rogo, infatti, hanno accertato che elementi legati a Saddam hanno dato fuoco all'Archivio repubblicano, che raccoglieva la storia del Ba'ath e le trascrizioni di tutte le sentenze della corte marziale contro gli oppositori politici. Con esse sono andati perduti microfilm, fotografie, mappe e tutte le catalogazioni. «Dieci milioni di documenti, dal periodo ottomano in poi». «Le perdite più gravi - prosegue Eskander - riguardano la sala di lettura con il catalogo di tutti i libri, gli archivi del periodo reale, che ora gli inglesi ci hanno promesso di aiutare a ricostruire. E poi edizioni antiche delle Mille e una notte, i trattati matematici di Omar Khayyam, il Canone di Avicenna e altre sue opere filosofiche, libri ormai introvabili sulla storia della civiltà sumera». I volumi antichi e rari, in effetti, erano stati in gran parte trasferiti nei sotterranei dell'Ufficio del turismo, dove tuttavia nei giorni di caos seguiti all'arrivo degli americani, sono stati saccheggiati da qualcuno evidentemente ben informato. I ladri, per confondere le tracce, hanno allagato gli scantinati. «Tra l'altro - sottolinea il direttore - è stata sottratta molta documentazione relativa ai rapporti e alla demarcazione dei confini coni Paesi circostanti, Giordania, Iran, Siria e Arabia». In attesa della nuova sede, già individuata nel centro della città, oggi gli interventi mirano al ripristino delle collezioni e degli ambienti aperti al pubblico. «Le sale di lettura - assicura il direttore - sono aperte e funzionanti e si sta lavorando per il ripristino degli altri locali». I 140 dipendenti della Biblioteca nazionale non si risparmiano ma il lavoro è immane perché, con pochi soldi e qualche aiuto internazionale, si devono ricostruire i cataloghi e riordinare, pulire e dividere i volumi e le riviste. I documenti più antichi e danneggiati sono conservati correttamente refrigerati in attesa di poter procedere al loro restauro ma i fondi stanziati dal governo, 63 mila dollari nel 2004, non sono sufficienti e ed difficile ottenere la vigilanza armata purtroppo indispensabile per proteggere qualsiasi attività pubblica in Iraq. Ma il direttore si dice malgrado tutto ottimista: «Vedo ogni giorno i giovani ritornare in Biblioteca e consultare i libri. Vedo il loro interesse e la loro passione. Malgrado la sicurezza e la povertà siano ancora i temi dominanti i salari sono già cresciuti e soprattutto sta tornando il tradizionale amore per la cultura che ha dato al nostro popolo la fama meritata di più colto del Medio Oriente. E poi stiamo lavorando bene: stiamo ricostruendo l'archivio e già il 35 per cento è stato informatizzato ed è stato messo al sicuro su database. L’Unesco ci sta aiutando a mettere a punto questo aspetto, irrinunciabile in una biblioteca moderna. Poi c'è “Un ponte per”, che ci segue fin dall'inizio e ha avviato con noi un progetto biennale. E l'Università di Chicago e la libreria del Congresso Usa, che ci aiutano a formare il personale. Sono tornato da Londra per contribuire al nuovo Iraq e, pur tra mille difficoltà, lo vedo nascere. Entro qualche anno avremo la migliore Biblioteca della regione, ci scommetto».
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