Il principio e l'arbitrio Paolo Conti Corriere della Sera - cronaca Roma 25/6/2005
L'architettura razionalista italiana somiglia a Roma. Anzi, le appartiene. Basta ammirare le ampie finestrature, il marmo squisitamente non candido, la straordinaria curva della Sala della Scherma restituita ieri dal ministero della Giustizia al Comune di Roma. Infatti il distacco di quel capolavoro dalla città era innaturale esattamente quanto è naturale la sua appartenenza al tessuto urbanistico romano, quel suo dialogo col cielo del Mediterraneo e con la mole verde di Monte Mario. Ieri il sindaco Walter Veltroni e il ministro Roberto Castelli hanno impartito una bella lezione di bipolarismo: due maggioranze, due diversi progetti politici hanno messo da parte ogni differenza per chiudere un conto che riguarda unicamente la collettività. La battaglia è stata lunga, ne sa qualcosa proprio Veltroni che cominciò a occuparsi del problema legato all'uso troppo disinvolto che si fa dell'architettura contemporanea dai tempi in cui dirigeva il ministero per i Beni culturali. E da anni questo giornale segue con interesse e passione le vittorie e le sconfitte (purtroppo le seconde sono spesso più numerose delle prime). Sembra strano ma l'Italia, e Roma in particolare, hanno un tempestoso rapporto con l'architettura contemporanea. Dicono sia un retropensiero legato al retaggio fascista. Fatto sta che massacri e devastazioni non si contano. Italia Nostra e il Comitato per la Bellezza non fanno che protestare e indignarsi. Spesso c:è sordità. È capitato con lo scellerato restauro della palazzina Furmanik sul lungotevere Flaminio, così amata da Gropius, svuotata e sfigurata. L'Ambra Jovinelli è irriconoscibile. Cadono a pezzi i meravigliosi villini di Adalberto Libera a Ostia. Ma oggi il ritorno della Casa della Scherma alla città, dopo trent'anni di un uso a dir poco improprio, è un motivo di allegria per il sindaco e per questa città. E torniamo al bipolarismo. Roma ha molti conti in sospeso, simili alla Casa della Scherma. Il più clamoroso è palazzo Barberini. E qui va notata una vistosa differenza di stili. Castelli ha mostrato totale disponibilità alle esigenze culturali della Capitale. Manca invece chiarezza definitiva, sia da parte del ministero per i Beni culturali che dalla Difesa, sul futuro della Galleria nazionale di Arte antica che continua a non disporre di tutto lo spazio necessario: particolare non secondario per la Capitale di un Paese che dovrà sempre di più puntare sul turismo culturale nel suo futuro economico. I militari sostengono che il Circolo ufficiali ha compiti essenziali di rappresentanza. Ma esiste un accordo che impegna la Difesa alla restituzione ai Beni culturali, come ha ricordato giorni fa Veltroni. E come dimostra l'intesa di ieri tra Castelli e il sindaco, gli impegni assunti dalle istituzioni trascendono i titolari politici del momento. Nel senso che vanno rispettati nel nome dello Stato. Principio elementare, che la vicenda della Casa della Scherma ci ha così felicemente ricordato. Sarebbe splendido chiudere con lo stesso metodo anche il capitolo di palazzo Barberini. Perché se quel famoso principio elementare crollasse, resterebbe in piedi solo l'arbitrio. |