Monete antiche, incentivo al commercio illegale RENATA CANTILENA 24-GIU-2005, La Repubblica, cronaca di Napoli
Una ferita al nostro patrimonio culturale e alla ricerca storica è stata appena inferta alla Camera con la conversione in legge del decreto "recante disposizioni urgenti per lo sviluppo e la coesione territoriale, nonché per la tutela del diritto d'autore e disposizioni concernenti l'adozione di testi unici in materia di previdenza obbligatoria e di previdenza complementare".
È diventata ormai consuetudine infilare in una legge contenitore una pluralità di materie non attinenti, e quindi, tra una disposizione e l'altra, è stato inserito un articolo riguardante le monete antiche, che comporta una modifica a quanto in precedenza disposto nel Codice dei beni culturali e del paesaggio (il cosiddetto Codice Urbani).
QUESTA disposizione desta vivo sconcerto nel mondo della cultura, e in particolare tra gli studiosi di numismatica antica, archeologi e storici, perché prevede l'esclusione di ogni obbligo di notificazione alle competenti autorità delle monete antiche e moderne "di modesto valore o ripetitive, o conosciute in molti esemplari o non considerate rarissinie, ovvero di cui esiste un notevole numero di esemplari tutti uguali".
La distinzione tra monete antiche di pregio e monete seriali rappresenta, sotto il profilo scientifico e della tutela dei beninumismaticiearcheologici, un gravissimo danno: la moneta è di per sé un prodotto seriale e, ai fini della sua utilizzazione come fonte storica dispone di requisiti culturali, a prescindere dalla sua unicità o rarità.
Tra l'altro, la conoscenza di un numero elevato di repliche è l'elemento per ricostruire dati quantitativi sull'entità della produzione delle emissioni monetarie, consentendo la lettura di fenomeni storici, economici e finanziari nel mondo antico. Pur se non è soltanto la moneta in sé, come del resto qualsiasi altro reperto archeologico ad avere importanza, ma il contesto del suo ritrovamento, è indubbio anche che una singola moneta non di pregio, sia se rinvenuta occasionalmente, siase pertinente acollezioni e priva di dati di provenienza, se letta da uno specialista, è in grado di fornire informazioni storielle.
Appare, quindi, un pericoloso precedente introdurre nel Codice dei beni culturali e del paesaggio disposizioni che giudicano un reperto archeologico, quale è la moneta antica, soltanto sulla base del proprio valore venale e patrimoniale. L'esclusione di obbligo di notificazione alle competenti autorità di fatto impedisce il controllo sulla circolazione dei reperti numismatici favorendo il commercio delle monete antiche e incentivando scavi clandestini. Questi ultimi rappresentano un vero e proprio furto ai danni della collettività: è ben noto che per recuperare monete antiche, nella maggior parte dei casi peraltro prive di un elevato valore di mercato, si distrugge di fatto un contesto archeologico. La piaga del commercio illegale di monete antiche, legato alle attività di scavatori clandestini, è una realtà assai diffusa nella nostra regione e si può essere certi che provvedimenti come quello in discussione alimenteranno il traffico illecito di questi importanti reperti archeologici, che, a quanto pare, rivestono più interesse per i commercianti che per le istituzioni culturali. Non si può tacere, in proposito, la grave crisi che da anni ha investito il prestigioso Centro internazionale di studi numismatici, che ha sede dal 1967 nel complesso di Villa Livia a Napoli, di proprietà del Museo civico Filangieri.
Scongiurato in anni recenti il tentativo di mettere in vendita l'immobile, grazie anche all'intervento di Italia Nostra e del-l'allora ministro dei Beni culturali Veltroni, che su richiesta del comitato di settore dei beni archeologici del ministero dei Beni culturali, appose alla Villa il vincolo monumentale, non è seguito alcun atto per salvaguardare l'istituto di cultura in esso ospitato. Sicché attualmente il Centro internazionale di studi numismatici, che da decenni ha svolto a livello internazionale attività di ricerca e formazione nel campo degli studi sulle monete antiche, in particolare dell'Italia meridionale, è ormai completamente inagibile, con tutte le sue strutture (biblioteca di 4000 volumi, fototeca di 43000 documenti, raccolta di oltre 23000 calchi di monete). Non interessa più a nessuno a Napoli la ricerca e la salvaguardia delle monete antiche, una delle fonti più importanti per ricostruire la storia?
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