Quadri dell’Istria: si alza il sipario Marianna Accerboni Il Piccolo, 23/06/2005
TRIESTE. E’ stato Vittorio Sgarbi l'appassionato e al tempo stesso equilibrato protagonista della conferenza stampa di presentazione della mostra che, sotto il titolo significativo di «Histria», è dedicata negli spazi del Museo Revoltella ai capolavori istriani restaurati, e che si è inaugurata ieri sera alla presenza del ministro per i Beni e le attività culturali Rocco Bottiglione. «Un'opera non appartiene all'autore, ma alla comunità che ne gode - ha detto il ministro Buttiglione -, Queste opere non erano semplicemente nascoste, ma rimosse dalla coscienza della nazione, così come il dramma di Trieste e dei profughi istriani». Ha aggiunto: «Bisogna riportare alla luce il rimosso, ma essere capaci di perdonare e di chiedere il perdono. Queste opere spero saranno fonte di riconciliazione fondata sulla verità». Da oggi fino al 6 gennaio 2006 saranno visibili al pubblico, dopo più di cinquant' anni di «ergastolo», come lo ha definito il critico ferrarese, le preziose opere d'arte veneta firmate tra il trecento e il settecento da grandi maestri come Paolo Veneziano, Alvise Vivarini, Alessandro Algardi, Giambattista Tiepolo, Vittore e Benedetto Carpaccio ed altri autori minori, rimosse dall'Istria nel 1940 per essere salvate dai rischi della guerra. I ventun pezzi, in gran parte opere pittoriche dipinte su tavola e su tela, alcune fusioni in bronzo e una scultura lignea, furono spostati dalle sedi originarie in base alla legge Bottai del '40 sulla «protezione delle cose d'interesse artistico, storico, bibliografico e culturale della Nazione in caso di guerra». I capolavori, provenienti dalle chiese e dai musei di Capodistria e Pirano, trovarono riparo da bombardamenti e depredazioni, custoditi in apposite casse di legno in ricoveri segreti dell'entroterra friulano; poi, nel '48, dopo varie peripezie, furono trasferite a Roma e, nel '72, al Museo Nazionale di Palazzo Venezia. Nel 2002 prese il via il progetto di Roberto Menia, allora assessore alla Cultura del Comune di Trieste, di riportare alla luce tali opere in un'importante sede istituzionale della città - allora si disse Palazzo Gopcevic - e la tenace opera di Sgarbi («ho passato una vita a disseppellire opere d'arte!»), all’epoca sottosegretario per i beni e le attività culturali, che ne promosse il restauro e l'esposizione, consentendo l'apertura delle casse in cui i pezzi erano racchiusi. Davanti a un Auditorium affollato dai rappresentanti della stampa delle grandi occasioni, tra cui molti giornalisti stranieri, lapidario ma diplomatico, il critico ferrarese, ha però gettato subito acqua sul fuoco di eventuali polemiche, che per altro non si sono verificate. «Non c'è motivo di polemica. Non possiamo pensare a dei contrasti basati su delle presunzioni se ci fosse stato un buon diritto per gli sloveni di avere queste opere. Le soluzioni erano due, o di restituirle come avrei fatto io per primo o di tenerle nascoste come pensavano forse di fare alcuni amici dei profughi istriani per una ragione, cioè di compensare le proprietà in qualche modo sequestrate agli istriani con delle opere che erano in Italia casualmente». «Le opere furono portate fuori dai luoghi dove stavano, essendo quello territorio italiano, in alcuni depositi dove sono rimaste, ma i trattati che stabilivano ciò che doveva essere degli Sloveni e ciò che doveva essere degli Italiani, sono successivi a quella data, quindi non c'è il diritto. Poi ci può essere l'opportunità, che può nascere da un rapporto amicale fra istriani profughi e autorità locali o da opportunità di ordine generale, perché le opere devono tornare nei loro luoghi, ma niente è più importante del fatto che la comunità internazionale ed europea possa vedere le opere. Questa è la festa: poterle vedere». Dove andranno poi, le opere a chiusura della mostra? «Saranno collocate nelle Scuderie del castello di Miramare, una sede prestigiosa - sottolinea il Soprintendente reggente Giuseppe Franca - che stiamo definitivamente attrezzando a tale scopo». Franca ha poi ricordato l'impegno dell'allora Soprintendente Giangiacomo Martinez e la sinergia con la Soprintendenza speciale per il polo museale romano, le Soprintendenze del Veneto e l'Istituto Centrale di Restauro che hanno collaborato al restauro e quella fra vari istituti e storici dell'arte per la redazione delle schede esplicative che accompagnano in mostra le opere. E ha espresso grande soddisfazione per la restituzione alla comunità di opere da troppo tempo dimenticate. Analoghi sentimenti sono stati espressi dalla direttrice del Museo, Maria Masau Dan, che ha ricordato la grande cura apprestata nella realizzazione del catalogo, e dal senatore Lucio Toth, che ha ricordato le peripezie subite dalle opere dopo lo spostamento dall'Istria e il coraggio di chi se n'è occupato.
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