«La cultura non vive di solo commercio occorrono più aiuti» Sandro Cappelletto La Stampa, 23/06/2005
«Una cosa soprattutto ho imparato nella mia carriera: bisogna innamorarsi delle culture diverse dalla nostra. Mi è capitato nel Sahara algerino, in Nepal, in Cina», ricorda Bernardo Bertolucci. Mentre Ennio Morricone ritiene che «nella musica non esistono confini e dunque bisogna poter conoscere la musica di tutti i popoli della terra». E’ nata ieri a Roma la Coalizione Italiana per la Diversità Culturale; un'assemblea molto affollata di musicisti, scrittori, registi cinematografici, ha ascoltato il saluto del Presidente del Senato Marcello Pera, il messaggio del Ministro dei Beni Culturali Rocco Buttiglione, i tanti interventi che hanno ribadito la necessità di differenziare il «prodotto culturale e di spettacolo» dal «prodotto commerciale» che, affidato al mercato, nel mercato trova la propria vita, ma spesso anche la propria morte. Molte nazioni, in ogni continente (in Europa: Belgio, Francia, Germania, Irlanda, Slovacchia, Spagna), hanno chiesto di farsi protagonista di questa battaglia all’UNESCO, che nella sua recente assemblea di Parigi ha affermato questo principio: «La diversità culturale è una caratteristica fondante dell'umanità; deve essere preservata e tenuta da conto per il beneficio di tutti». Un convincimento sostenuto dall'appello di molti premi Nobel e personalità dello spettacolo e che dovrebbe, nella prossima assemblea dell’Unesco ad ottobre 2005, essere formalizzato, diventando così vincolante. Una forma di rispetto e di conoscenza reciproca di cui è stato ricordato anche il valore come «agente primo di pace fra i popoli». Ma i nostri artisti - la Società Italiana degli Autori ed Editori, l'Accademia di Santa Cecilia, l'Associazione Autori Cinematografici, l'Istituto Italiano di Studi Filosofici formano il comitato promotore - in verità e concretamente temono che l'opposizione degli Stati Uniti possa bloccare il progetto. Gli U.S.A. intendono liberalizzare del tutto anche gli scambi delle attività culturali, contrastando quelle forme di sostegno senza le quali gran parte della produzione artistica italiana ed europea non potrebbe ambire alla visibilità che ora, in qualche modo, riesce ancora a conquistare in un universo della produzione e del consumo di spettacolo fortemente marcato dalla presenza linguistica e commerciale americana. «Il rischio di finire sotto lo schiacciasassi delle regole del commercio internazionale è molto forte», denuncia Gianni Profita, direttore generale della SIAE. «Proteggere musica, cinema, teatro, letteratura è quasi un dovere costituzionale», afferma Bruno Cagli, presidente dell'Accademia di Santa Cecilia, che ricorda la ricchezza delle nostre tradizioni musicali. Il regista Citto Maselli prevede una «battaglia di lunghissimo periodo, ma decisiva. Ogni nazione ha diritto di tutelare la propria attività culturale, cioè la propria storia e identità». La parola d'ordine è unire le intelligenze creative, denunciando il rischio di un «monopolio della cultura».
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