Allarme paesaggio - INTERVISTA Leonardo Servadio Avvenire 11/6/2005
Il paesaggio, questo sconosciuto.
Ci viviamo immersi, ne siamo circondati, lo modifichiamo imprimendo in esso tracce del nostro passaggio nello scorrere della storia - dai templi megalitici alle ciminiere, dai ponti romani ai terrazzamenti agricoli - ma solo ora sembra si stia formando una sensibilità specifica verso il paesaggio: per via delle minacce da cui lo vediamo oppresso. Oggi il quadro di riferimento per la gestione e la valorizzazione del paesaggio è la "Convenzione europea del paesaggio".
L'Italia ha partecipato al processo di formulazione della "Convenzione" che si è concluso a Firenze nel 2000. Attorno al tema si è costituito un movimento europeo che porterà a un grande convegno di Lille, in Francia, nel tardo autunno. In preparazione di questo evento, oggi si svolge a Roma, in Campidoglio, un incontro nazionale: "Paesaggio a Rischio".
È stato organizzato dall'Associazione italiana di architettura del paesaggio (Aiapp). «La Convenzione europea è un documento breve ma dalle implicazioni importantissime - spiega Carlo Bruschi, il presidente dell'Aiapp e organizzatore del convegno in Campidoglio - ricco di implicazioni».
Ma come definire il paesaggio? «Qui sta il punto. Sinora si è teso a guardare al paesaggio in prevalenza sotto il profilo estetico. Anche il Codice dei Beni Culturali recentemente approvato in Italia, importante e di grande rilevanza, sebbene avviato nella giusta direzione, ancora stenta a riconoscere al paesaggio tutta la complessità storico/ ambientale/ ecologica/ naturalistica/ sociologica/ economica/ ecc. che ovunque ormai gli viene attribuita. La Convenzione europea, alla cui compilazione ha dato un contributo fondamentale Riccardo Priore, dirigente del Consiglio d'Europa e relatore di apertura al Convegno di oggi, invece ne raccoglie tutte le implicazioni e i variegati aspetti. A partire dal fatto che le popolazioni che vi abitano ne sono parte attiva e integrante. Il paesaggio quindi è visto non solo come bene d a tutelare, ma come luogo di vita, con tutte le sue caratteristiche. Si prendano le Cinque Terre: i terrazzamenti oggi tanto ammirati sotto il profilo estetico e storico, derivano dall'uso del territorio per l'industria agricola. Stando così le cose, la tutela del paesaggio non mira a tarpare o bloccare l'attività umana, bensì a incanalarla in un equilibrio dinamico e rispettoso». Per esempio...
«La tratta ferroviaria ad alta velocità Torino-Lione: sta sollevando obiezioni forti dalla popolazione della Valle di Susa, la quale diffida, malgrado i vari tentativi di coinvolgerla nel progetto di questa nuova infrastruttura. Questa, per quanto in gran parte posta entro gallerie, comporta anche viadotti, prese d'aria, uscite di sicurezza, raccordi ampi a causa dell'alta velocità che terranno i convogli. E la storia delle infrastrutture in Italia pare dare loro ragione. La Convenzione richiederebbe invece una partecipazione consapevole, alla luce di una trasparente e esaustiva valutazione del rapporto costi/ benefici relativo all'opera. Come dicevo, la Convenzione non considera il paesaggio come qualcosa di intoccabile, ma lo assume nella sua complessità stratificata. E parte dal presupposto che tutto è paesaggio: non solo un prato o un monte, ma anche la città, la fabbrica, la strada, la discarica... Il punto è come agire, secondo le tre direttrici fondamentali: la tutela di quanto ci viene dal passato, la gestione che mira a governare al meglio il presente e la pianificazione, per preparare il futuro».
Appunto: come agire?
«Occorre sollecitare una sensibilità diffusa sul paesaggio, riuscire a comprenderne le caratteristiche profonde, rispettarlo. Non è semplice, per questo è importante la figura dello specialista, il paesaggista, che è una figura professionale particolare, individuata dal dpr 328/01, diversa dall'architetto progettista, o dall'agronomo, o dal geologo, dal conservatore o dal pianificatore; ma che tuttavia deve saper la vorare assieme a tutte queste altre figure professionali».
L'Italia ha ratificato la Convenzione europea?
«Non ancora: la Convenzione europea è stata ratificata da 17 paesi e altri 13, tra cui l'Italia (ma pare che la ratifica avverrà a breve), non l'hanno ancora fatto. Questo potrebbe esser dovuto al fatto che qui la ratifica comporta oneri particolarmente pesanti, soprattutto in relazione agli impegni di grandi opere infrastrutturali che si auspica di realizzare o che si stanno realizzando, spesso secondo procedure d'urgenza. Un'attenta gestione del paesaggio richiede partecipazione e non può vivere di urgenze soltanto».
Si possono individuare caratteristiche nazionali del paesaggio?
«Vi sono caratteristiche regionali, e sul territorio italiano queste variano molto: se dovessimo elencare qui i paesaggi di eccellenza, la lista sarebbe lunghissima. Spesso sono sconosciuti, ma è stato avviato un censimento e tra qualche tempo li potremo conoscere tutti e avere un dato reale da cui partire per le azioni di salvaguardia, gestione e pianificazione. Paesi come la Francia o la Germania, tendenzialmente più pianeggianti, hanno un minor grado di varietà. Ma il paesaggio non è un fatto nazionale: è per natura transfrontaliero. Direi che costituisce un fattore unificante per il continente, non ha confini infatti».
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