Un nuovo museo interreligioso per i tre monoteismi a Bertinoro Domenico Montalto Avvenire 10-GIU-2005
Un museo di cimeli per onorare le tre religioni abramitiche e per celebrarne la comune matrice d'umanesimo e di bellezza. Nel momento in cui da più parti ricorrono dissennate tesi di un inevitabile «crash» di civiltà è importante che un luogo del sapere, come un'università, abbia dedicato alle tre religióni monoteiste - ebraismo, cristianesimo, islam - il nuovo Museo Interrelligioso che viene inaugurato oggi nella Rócca di Bertinoro, sede del Centro Residenziale Universitario; insigne architettura rinascimentale da cui lo sguardo spazia sulla Romagna fino all'azzurro del mare. Un'iniziativa bella e significativa, tenuta comunemente «a battesimo» dal vescovo di Forlì-Bertinoro, monsignor Zarri, dal nunzio apostolico a Gerusalemme, monsignor Pietro Sambi, dal rabbino capo delle Romagne Luciano Caro e dall'ambasciatore iraniano presso la Santa Sede, Mohammad Farid Zadeh. La sorte ha voluto che all'appello manchi però, per un soffio, l'artefice principale dell'opera, l'ex senatore democristiano Leonardo Melandri, scomparso lunedì all'età di 76 anni, dopo una lunga malattia. Il museo è concepito per far conoscere più in profondità le tre religioni mediterranee, e per aiutare a capire meglio anche i problemi di un Occidente che sta divenendo sempre più interetnico e multireligioso; un modo altamente didattico per incentivare la comprensione, il dialogo, il rispetto reciproco, partendo dalla conoscenza, dalla custodia e dalla valorizzazione di manufatti storici (suppellettili religiose, codici) e di opere d'arte. Entrando, sulla destra, c'è infatti un bel mosaico della scuola nazionale dei mosaicisti di Ravenna, raffigurante Abramo. Suggestiva è l'opera vincitrice del concorso d'arte contemporanea indetto dalla diocesi in occasione della realizzazione del Museo: una grande candida rosa che mutua da Dante l'idea del Paradiso come luogo finale di incontro tra Dio e tutti gli uomini che lo hanno riconosciuto e amato. Esposte edizioni antiche e moderne dei testi sacri dell'ebraismo - la Torà e il Talmud -, del cristianesimo, dell'islam: due le edizioni del Corano, la prima di antica fattura e la seconda contemporanea. Nella seconda sala, dedicata al Dio unico, troviamo esposta al centro di una cella una tavola lignea di fine Ottocento che riporta 199 nomi attribuiti a Dio. La terza sala è riservata alla religione cristiana: vi sono collocati una bella scultura di Floriano Bodini, un dipinto del Seicento veneziano raffigurante la Resurrezione, una stupenda stampa di Rembrandt, datata 1636, con Gesti davanti a Pilato. Non mancano messali ed evangeliari del XVIII secolo. La quarta e la quinta saletta illustrano le tradizioni ebraiche, con gli elementi essenziali di una sinagoga: l'armadio santo coperto da tendina che custodisce la Torà decorata della corona e dai puntali, i «rimomin». Si tratta di oggetti pregevoli, sia per la fattura che per l'epoca di fabbricazione (fine '800). Ci sono anche il candelabro a sette bracci, una preziosa pergamena medievale che riporta un brano della Torà, il Corno sacro o «sophar», un decreto dell'imperatore Carlo VI a protezione degli ebrei, edito a Mantova nel 1714.
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