Croff e la formula Wimbledon, per gli italiani ci sarà spazio il Riformista, 09/06/2005
Una Biennale che vuole allargare i suoi confini: sia sessuali, con due curatrici donna, che geografici, aprendo anche alla Cina. E allo stesso tempo vuole stringere le maglie: meno autori e più opere. Per rilanciale l'arte italiana, inoltre, l’anno prossimo la Biennale si munirà di un padiglione strapaesano, ma nessuna battaglia del grano (che alcuni hanno visto nella nomina, annunciata da Muller a Cannes, dello scenografo Dante Ferretti alla presidenza della giuria del festival del cinema di Venezia). Il modello è quello, tennistico, dello stadio di Wimbledon: Venezia è il miglior torneo d'arte internazionale, per il setting, le teste di serie straniere e la tradizione. A prescindere dal minore o maggiore successo gli artisti italiani. Ne è convinto il neopresidente Davide Croff, contattato al telefono ieri, durante il vernissage della 51 Esposizione internazionale dell'Arte (apre al pubblico il 12 giugno). Ha le idee molto chiare sulla gestione della Biennale («noi scegliamo i curatori in base a una committenza progettuale, gli diamo spazio e autonomia e poi offriamo la macchina, che costa 8 milioni di euro») e respinge al mittente le critiche per una Biennale vetero-femminista, anti-italica e poco occidentale: «Se guardiamo alla storia della Biennale degli ultimi decenni, il padiglione Italia non è più il padiglione degli italiani: un'anomalia consolidata - dice Croff, in merito alle dichiarazioni del ministro Rocco Buttiglione, che ha lamentato una scarsa presenza italiana alla Biennale - per questo dall'anno prossimo ci sarà un padiglione tutto italiano, la cui curatrice sarà Ilda Giannelli, già alla guida del Castello di Rivoli, che abbiamo scelto con il Darc (Direzione generale per l'architettura e l'arte contemporanee dei ministero per i Beni e le attività culturali), per dotare anche gli italiani, come gli stranieri, del doppio spazio della rassegna internazionale e dei padiglioni nazionali». Una donna, dunque, alla guida della prossima «rinascita italiana», come due donne sono le curatrici della 51 edizione, all'insegna del vintage femminista secondo alcuni, tra cui Caterina Soffia, che sul Giornale ha titolato «Biennale, speriamo non sia femmina». Sotto accusa alcune scelte provocatorie. Come il video imenoplastica delle Guerrilla Girls e i lampadari con assorbenti interni al posto dei cristalli di un giovane artista portoghese. «La Biennale non ha mai avuto la direzione di due donne - continua Croff - questa era un'altra anomalia, perché il mondo dell'arte, tra critici e curatrici di gallerie è molto femminile. E' assurdo che la Biennale, un'istituzione che ha attraversato due guerre mondiali, la contestazione, non registrasse anche il nuovo molo storico delle donne. Il nostro è un segnale molto importante: le spagnole Maria de Corrai e Rosa Martìnez hanno fatto un lavoro eccellente». La sezione curata da Maria de Corrai, «L'esperienza dell'arte», allestita nelle 34 sale del Padiglione Italia nei Giardini della Biennale, presenta 42 artisti internazionali caratterizzati da una dimensione «atemporale» e «spettacolare» dell'arte. Il trapano appeso con un lampadario della Bonvicini, il pavimento multicolor di Maider Lopez, la scala in gesso alta quasi sette metri di Rachel Whiteread, il volo sintetizzato di Thomas Ruff sospeso alle pareti da una sequenza fotografica "in pixel" ingranditi. Spettacolari anche gli interventi di Thomas Schütte, Francis Bacon, Philip Guston, Marlene Dumas e Antoni Tàpies. Nel grande labirinto museale, i dipinti di Agnes Martin a confronto con quelli del pittore, da noi fissai poco noto, Juan Hernandez Pijuan, senza dimenticare William Kentridge, Jenny Holzer o Bruce Nauman che quasi fanno sparire giovani speranzosi come Tacita Dean o Francesco Vezzoli, che presenta un video-trailer sulle orme del Caligola di Tinto Brass, dove la vedova Kurt Cobain, Courtney Love. «Sempre un po' più lontano» è invece la sezione curata da Rosa Martìnez, che nelle Corderie e nelle Artiglierie dell'Arsenale ha dato spazio a 49 artisti internazionali, prendendo spunto, già dal titolo, ad uno dei libri di Corto Maltese, personaggio di avventure ideato dallo scrittore e disegnatore di fumetti veneziano Hugo Pratt. Una sezione all'insegna della rottura per il numero degli artisti e l'equilibrio tra uomini e donne, sostiene la Martìnez, e continuità con Harald Szeemann e la sua idea di confronto e incontro tra le diverse tradizioni. Ci sono le Guerrilla Girls, il lampadario di Ob, assorbenti interni per le mestruazioni, i dipinti della cantante turca Semina Berksoy, morta lo scorso anno, la Perla a piombo, opera iper-minimale di Bruna Esposito, grande come uno spillo, il video della palestinese Emily Jacir, sulle periferie di Ramallah e New York, l'ippopotamo che sorge dal fango della laguna di Jennifer Allora & Guillermo Calzadilla. Poi ci sono i travestimenti di Leigh Bowery, la drag queen che è stato uno dei modelli preferiti da Lucian Freud, l'operazione imenoplastica della guatemalteca Regina José Calindo, l'Ufo di Marito Mori, le performance apocalittiche di Micol Assael, le sculture di Louise Bourgeois. «Il tratto comune - sostiene Croff in riferimento alle scelte delle due curataci - è la volontà e la capacità di fare scelte, sempre in piena autonomia, riducendo drasticamente il numero degli autori presenti: dai 300 dell'anno scorso ai 90 di quest'anno, 40 dei quali donne. Non vogliamo commettere l'errore degli anni passati di cercare di mostrare tutto. L'intento è scegliere e provocare. Soprattutto provocare riflessioni sullo stato dell'arte». Alla riduzione "nominale" degli artisti, corrisponde un allargamento dei confini. Tra i 70 paesi presenti d sono 10 new entries, tra cui l'Afghanistan e la Cina: «Con la Cina siamo addirittura riusciti ad anticipare i tempi. Tra l'altro l'anno prossimo, che in Cina sarà l'anno della cultura italiana, ci stiamo preparando ad esportare alcune installazioni della Biennale» Nessun ridimensionamento dell'occidente, però, come pure alcuni hanno sostenuto - Gillo Dorfles sul Corriere della sera - «gli Usa, che avevano messo in discussione addirittura la loro presenza, non ci hanno disertato in alcun modo, per tacere del fatto che è americano Robert Stor, il direttore dell'edizione del 2007 e curatore del Simposio del dicembre 2005, in cui d confronteremo con le biennali di San Paolo, Shangai e Istanbul. Poi l'Inghilterra è presente con due pezzi da novanta come George e Gilbert, senza contare che c'è Lucian Freud al Correr». Più che di Biennale globale, Croff, comunque, preferisce parlare di Biennale internazionale, perché mettendo in questione l'identità dell'arte, attraverso scelte e discussioni anche provocatorie, l'afflusso simultaneo di esperienze artistiche provenienti da nazioni diverse non si standardizza in prodotti globali e spaesanti.
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