Apre la Biennale "degli stranieri". Venezia off limits per l'arte italiana Antonella Ambrosini Secolo d'Italia, 8 giugno 2005
Biennale di Venezia senza Italia: è lo sconsolante e sconcertante spettacolo che riserva, contraddicendo il suo stesso nome, l'ultima edizione della Biennale d'arte italiana che si inaugurerà venerdì nella città lagunare. E non è la prima volta che il Padiglione italiano è assente. Ecco perché alcuni artisti, critici e curatori, con il sostegno di Philippe Daverio, hanno deciso di dare vita a un Padiglione Italia esterno alla Biennale, una sorta di contro-Biennale: nella chiesetta sconsacrata di San Gallo, dietro San Marco, ognuno porterà una sua opera. Polemica la rassegna che ha "scaricato" i nostri artisti: i quali aprono una contro-mostra Biennale senza Italia
Forte e chiara si è levata la voce del Ministro di Beni Culturali Rocco Buttiglione che ben delinea un vizio che va avanti purtroppo non da oggi: «Spiace davvero l'idea di una Biennale che non tenga nel dovuto conto il lavoro degli artisti italiani». Ha quindi aggiunto, confermando la sua presenza all'inaugurazione del 10 (l'apertura al pubblico ci sarà il 12 giugno): «Devo dire che in Italia abbiamo artisti di grandissima qualità. Spiace davvero l'idea di un Biennale che non tenga nel giusto conto il loro lavoro». Con la considerazione, aggiungiamo noi, che si tratta del maggiore evento culturale espresso dall'Italia ed è per oltre il 90% finanziato da soldi pubblici italiani. Eppure è da varie edizioni che il Padiglione italiano è assente. Il presidente della Biennale Davide Croff che a parole si è detto d'ac-cordo con il ministro, parlando di una situazione in qualche modo «ereditata», non si è sforzato poi troppo per raddrizzare la situazione di esclusione italiana, visto che ha affidato la direzione di questa edizione a un americano, Robert Storr, il quale ha affidato l'allestimento della rassegna a due critiche d'arte spagnole, Maria de Corrai e Rosa Martinez. Le quali si sono così poco calate nel ruolo di curatrici di una Biennale d'arte italiana da affermare in modo sprezzante: «Ci hanno chiesto un'esposizione internazionale; della politica dell'arte in Italia si deve occupare il vostro governo». Tralasciamo ogni commento per constatare che il Ministro Buttiglione dovrà lavorare molto per ottemperare alla sua promessa: «Credo di potere e dover prendere l'impegno - ha detto- che la prossima Biennale darà invece il posto che è giusto che abbia all'arte italiana, che in Europa e nel mondo è uno dei fenomeni più significativi». Certo, non è per noi gratificante quello che è stata capace di fare la de Correi, che nelle 34 sale dell'ex Padiglione Italia, dovendo ripercorrere l'esperienza dell'arte degli ultimi 50 anni ha inserito 42 opere, nessuna delle quali di un italiano. Sappiamo tutti che nell'ultimo, mezzo secolo artisti di valore ne abbiamo avuti eccome e dunque non è improprio cogliere una precisa intenzionalità in tutto ciò, come ci segnalano molti critici d'arte. Il fatto è che ormai da diverse edizioni è stato chiuso il Padiglione italiano, conservando quello riservato alle altre nazioni: una vera e propria follia autolesionistica, alla quale Croff ha promesso di rimediare per la Biennale successiva del 2007. E da dove dovrebbe iniziare la rinascita italiana? Da colei che è stata già nominata da Croff prossima direttrice, dalla signora Ida Giannelli, potente esponente dell'art-System, grande manager ma piuttosto anonima quanto a curriculum critico ed estetico. Direttrice del Museo Castello di Rivoli, la Giannelli è riuscita nell'impossibile impresa di trasformare il museo forse meno visitato d'Italia (molte sono state le polemiche a riguardo) in uno dei caposaldi dell'art-system internazionale, funzionale soltanto, nella sua politica di acquisizioni fatta d'intesa con alcuni enti locali, al grande collezionismo internazionale. Un Museo che è un po' lo specchio di quel che accade anche altrove: dietro molte mostre-Hop, «pompate» da sponsor pubblici e privati, si celano operazioni funzionali non al grande pubblico o alla promozione dell'arte italiana, ma al collezionismo: banche, istituzioni, musei sovvenzionati dal pubblico denaro Ecc. Di riflesso, dunque, anche la Biennale d'arte italiana si è ridot-ta a una grande mostra-mercato dove l'Italia, giocoforza, è diventata marginale o peggio ancora, funzionale a interessi «altri» e privi di una valenza estetica. Del resto constatiamo che l'art-system di casa nostra ha da tempo bandito negli snodi direzionali che contano figure dal chiaro indirizzo estetico, addetti ai lavori capaci di imprimere una linea culturale purchessia. Lo stato deprimente per l'Italia di questa Biennale è la dimostrazione che con i soli manager e con le consulenze stranieri altisonanti l'Italia e l'arte italiana non vanno da nessuna parte che si rispetti. Ecco perché alcuni artisti, critici e curatori, con il sostegno di Philippe Daverio ha deciso di dare vita a un Padiglione Italia esterno alla Biennale, una sorta di contro-Biennale: nella chiesetta sconsacrata di San Gallo, dietro San Marco, ognuno porterà una sua opera. Si tratta di un segnale, di un movimento spontaneo di indignazione al quale hanno già aderito, tra gli altri, Kounelis, Sandro Chia, Gilberto Zorio, Isabella Ducrot, Leone Bruno Bozzetto, Giosetta Fioroni, Luigi Serafini, Gaetano Orazio e molti altri ancora Un segnale, una provocazione, di cui tenere conto. Ma la preoccupazione espressa da molti critici è che non si arrivi a una sorta di «ghetto del ghetto», visto che già l'Italia è fuori dall'art-system internazionale, grazie a scelte anonime sotto il profilo delle linee-guida culturali che ci penalizzano. Viste le premesse, Buttiglione avrà il suo bel da fare a cercare di invertire una tendenza rovinosa e ci auguriamo sinceramente che possa e voglia dare seguito immediato alle sue parole.
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