Piano del governo- Strade, le concessioni ai privati di ROBERTO PETRINI la Repubblica, on line 09/06/2005
Duello sulla copertura del taglio Irap. Il pedaggio non peserà sui cittadini. Follini: "Non minimizzare il verdetto Ue sul deficit"
ROMA - Il "cartellino giallo" mostrato da Bruxelles all'Italia si abbatte sull'agenda economica del governo e divide la maggioranza, mentre il Tesoro accarezza l'ipotesi di cedere in concessione le strade ai privati: "La vendita di 1.500 chilometri di strade statali, dal G. R. A. di Roma alla Salerno-Reggio Calabria, a Infrastrutture spa non funziona", ha detto ieri in Parlamento il ministro dell'Economia, Domenico Siniscalco. "Il sistema - ha aggiunto - va ripensato e potremmo venderle ai privati in cambio di un pedaggio ombra, che però sarà a carico dello Stato e non peserà sui cittadini. Comunque, pur non volendo fare il leghista, non capisco perché a Milano si possa pagare e a Roma no". Un'uscita che ha già provocato forti polemiche con i Verdi.
Il dibattito politico però è rimasto concentrato sul "processo" dell'Ue all'Italia per lo sforamento del deficit. Getta acqua sul fuoco il vicepremier, Gianfranco Fini: "Non c'è nulla di cui essere preoccupati", ha detto ieri. "Non drammatizzare ma nemmeno minimizzare" ha invece dichiarato il leader dell'Udc Follini, secondo il quale non bisogna interpretare il richiamo della Ue come una "interferenza politica". Una opinione diametralmente opposta a quella dell'azzurro Cicchitto, che bolla la mossa del commissario europeo Almunia come "una sponda a Prodi".
Chiamato in causa il leader del centrosinistra ha seccamente replicato: "Guardate - ha detto - adesso il presidente della Commissione è Josè Barroso, che Berlusconi si vanta di aver fatto nominare. Quindi per favore non diciamo sciocchezze". Prodi è invece preoccupato per l'evoluzione dei conti pubblici: "Le società internazionali di rating deprezzano un paese quando un governo non decide. Se non ci saranno misure adeguate il rischio è dunque concreto".
Il giudizio diverso sul "processo di Bruxelles" si riflette anche nell'agenda di governo e sull'atteso intervento sull'Irap. A circa tre mesi dall'annuncio di una sentenza negativa da parte della Corte di giustizia europea sull'imposta regionale sulle imprese e a dieci giorni dal versamento, la maggioranza e il governo restano divise. Soprattutto sul reperimento delle risorse: Berlusconi ha detto un nuovo "no" alla revisione della tassazione sulle rendite finanziarie, ieri lo ha seguito Gasparri di An ma sulle rendite insistono Alemanno (An) e il sottosegretario all'Economia Vietti (Udc).
Scomparso l'aumento dell'Iva, sembra sfumare anche l'aumento delle accise sulla benzina (ieri lo ha bocciato anche l'Unione petrolifera). Resta in campo l'opinione del Tesoro: Siniscalco sembra determinato ad agire su evasione e nuovi tagli. Al consiglio dei ministri di domani si accennerà solo all'Irap che, nella migliore delle ipotesi, slitterà a mercoledì 15. Fa sentire la propria voce anche la Cgil con Beniamino Lapadula secondo il quale "toccare l'Irap prima di un serio piano di rientro dei conti pubblici e prima del Dpef sarebbe criminale".
Anche nel merito del provvedimento non c'è accordo. La Confindustria vorrebbe tagli solo al costo del lavoro, la Confcommercio teme che se ne avvantaggino solo le grandi imprese e che le aziende familiari, spesso con un solo dipendente, restino a bocca asciutta ("Niente trucchi", ha detto ieri il leader Billè, "la riduzione dovrà riguardare tutte le imprese"). In campo anche le banche: "Uno sconto ridotto per banche e assicurazioni sarebbe inaccettabile", ha detto il presidente dell'Abi Maurizio Sella. Intanto le associazioni dei contribuenti continuano a mandare segnali di un possibile "astensionismo" fiscale: dai Contribuenti. it a tutto il mondo dei fiscalisti.
(9 giugno 2005) |