Beni culturali, quella polemica contro le Soprintendenze Vito Romagnoli L'Unità 12/3/2014
C’è grande fermento nel mondo della tutela del patrimonio storico-artistico e del paesaggio dopo l’uscita, domenica, sulla prima pagina di un noto quotidiano di un articolo nel quale si accusavano, fin dal titolo, le Soprintendenze di non tutelare adeguatamente il Belpaese: “I no delle Soprintendenze che rovinano i tesori d’Italia”. Con una tutela cioè da “burocrati” miopi e inadeguati, spesso anziani, col doppio danno di impedire una vera valorizzazione dei tesori dell’arte e di “congelare la modernizzazione, paralizzare l’aspetto urbanistico delle città”. Argomentazioni ritenute, da sempre, “di destra”, come sottolinea, plaudendo, “Italia Oggi”.
Alcune associazioni hanno subito scritto una lettera di vibrata protesta (ovviamente rimasta impubblicata) intitolata “Più tecnici e più mezzi per la tutela, e non meno tutela”. Sono il Comitato per la Bellezza (Vittorio Emiliani), Bianchi Bandinelli (Vezio De Lucia), Eddyburg (Edoardo Salzano), Rete dei Comitati (Alberto Asor Rosa), i consiglieri nazionali di Italia Nostra, Marina Foschi, presidente dell’Emilia-Romagna (stranamente non il presidente nazionale Marco Parini), Maria Pia Guermandi, uno dei promotori della lettera, Mountain’s Wildernesse (Carlo Alberto Pinelli), Patrimonio Sos (Donata Levi), numerosi intellettuali, Desideria Pasolini dall’Onda, fondatrice di Italia Nostra, Salvatore Settis, Antonio Pinelli, Carlo Ginzburg, Bruno Toscano, Andrea Emiliani, Marisa Dalai, Chiara Frugoni, Tomaso Montanari, Giorgio Bonsanti, gli urbanisti Pier Luigi Cervellati, Sauro Turroni e Paolo Berdini, gli archeologi Pier Giovanni Guzzo e Mario Torelli, lo scrittore Corrado Stajano, il musicologo Paolo Fabbri, il regista Marco Tullio Giordana e tanti altri, a centinaia i funzionari delle Soprintendenze, in testa il direttore degli Uffizi, Antonio Natali, e il direttore generale regionale del Molise, Gino Famiglietti.
Con quell’articolo, denunciano, non viene “rottamato l’apparato dirigenziale del MiBACT colpevole di aver assecondato semmai tante richieste al ribasso di parte politica, quanto il nostro stesso patrimonio archeologico, storico-artistico, paesaggistico. Pompei, Volterra, le Mura Aureliane crollano perché, mancando tecnici e fondi, non c’è sufficiente tutela, non perché ve ne sia troppa”. Terminano con una citazione dal “Viaggio in Italia” di Goethe (1786): “Questi uomini lavoravano per l’eternità, tutto essi hanno preveduto tranne la demenza dei devastatori, cui tutto ha dovuto cedere”. Da allora i massacri sono stati tanti, notano i firmatari, sulle coste, nei paesaggi, dentro i centri storici. Mai abbastanza però per gli appetiti evidentemente rinnovati di palazzinari e speculatori. Essi temono che comincino nuove campagne, non solo da destra, per rilanciare la “deregulation”, la rimozione dei paletti delle Soprintendenze, consentendo “l’accesso alla Bellezza a pochi privilegiati”, mentre una parte del patrimonio “sarà trasformata e stravolta in tante Disneyland per turismo globale e l’altra, la meno “redditizia”, rovinerà su se stessa in pochi anni, sepolta dal cemento e dai rifiuti”. Il finale del documento - che sarà inviato ai parlamentari e soprattutto al presidente della Repubblica, custode dell’art. 9 della Costituzione, è una stilettata: “Se questo è il nuovo che avanza, il retrogusto sa d’antico. Anzi, di vecchiume reazionario”. In tanta polemica spicca il silenzio dei vertici del Ministero. Vertici che guadagnano almeno 178.000 euro lordi all’anno, contro i 35.000 (1800 netti al mese) di un direttore di grande museo con decenni di anzianità e i 1.300 mensili di un funzionario che sgobba sul campo. “Io, miope burocrate, adesso vado a Ferrara ad occuparmi di una antica chiesa abbandonata da tutti”, ha scritto amaramente una funzionaria ai promotori della protesta. |