Opere catalogate, difesa contro i furti Paolo Doni L'ECO DI BERGAMO 14APR2005
La catalogatone di tutti beni culturali della diocesi di Bergamo non solo è un insostituibile strumento di conoscenza, ma è anche un importante deterrente contro i furti. Se un'opera d'arte è registrata, catalogata, fotografata, è più difficile piazzarla sul mercato clandestino ed è rischiosa immetterla sui normali canali di vendita, anche a distanza di anni. «Bergamo è all'avanguardia in questo - ha osservato il capitano Andrea Ilari, comandante del Nucleo per la difesa del patrimonio artistico di Monza - perché è una delle poche diocesi ad aver concluso la catalogatone completa dei beni culturali disponibili. Catalogare i beni posseduti è senz'altro uno dei modelli di difesa passiva più efficaci». E gli effetti, a quanto pare, si vedono. Anche se è presto per elaborare confronti, dall'inizio di quest'anno i ladri hanno visitato solo una chiesa della provincia di Bergamo, contro i nove furti registrati nei primi dieci mesi del 2004 e i 18 nell'arco di tutto il 2003, numeri che, nonostante la flessione, fino allo scorso anno dimostravano come la diocesi di Bergamo fosse la più colpita tra quelle lombarde. Ma gli effetti dell'opera di catalogazione si fanno sentire non solo in campo preventivo, ma anche nelle indagini per restituire al legittimo proprietario gli oggetti trafugati. «A fronte di un recupero generale di circa il 2 per cento degli oggetti rubati - ha spiegato il capitano Ilari - nel settore dei beni culturali questa percentuale sale, per quanto riguarda la Lombardia, almeno al 20 per cento». E con la disponibilità di una banca dati completa, individuare se un oggetto in circolazione sia o meno di provenienza furtiva è un'operazione molto più veloce, perché per chi indaga è possibile seguire tracce precise. «Ma le tecnologie non bastano per fronteggiare il problema - ha spiegato Ilari - è necessaria anche la presenza umana. Le chiese, anche quelle più isolate e meno frequentate, non vanno abbandonate. Non basta un impianto antifurto per evitare le visite dei ladri, occorrono invece riferimenti precisi sul territorio, qualcuno che si prenda la responsabilità di andare a controllare periodicamente, che si preoccupi della sicurezza dell'edificio. Se l'allarme automatico fa il suo dovere e scatta al momento dell'intrusione, ma poi capita che nessuno si accorge di quell'allarme, allora sarà stata una spesa inutile. Lo stesso discorso vale per i sistemi di videosorveglianza. Sono utili nel momento in cui c'è una presenza umana che li sovrintende. Ovvio che un parroco di una parrocchia di montagna, per fare un esempio, non può controllare contemporaneamente tutte le chiese sparse nel territorio della sua parrocchia. Ha bisogno di collaborazione». La sicurezza dei luoghi di culto, spiega il direttore dell'ufficio diocesano dei beni culturali, don Diego Tiraboschi, non significa solo prevenzione dai furti, ma anche «custodia e valorizzazione» del nostro patrimonio. «Perché nel momento in cui ci si prende cura delle proprie cose, allora diventa anche più facile sorvegliarle. E lo stesso vale per la conoscenza. Un patrimonio di beni culturali conosciuto si disperde difficilmente». L'invito al convegno promosso da Curia e da Assosicurezza, in programma domani dalle 16 alle 19 all'auditorium della Casa del Giovane, ha tra i suoi obiettivi quello di informare i parroci, ma anche quello di responsabilizzare chi con i parroci collabora alla vita della comunità, come i sagrestani e i membri del consiglio pastorale per gli affari economici. Come accennato anche dal capitano Ilari, solo attraverso la collaborazione di tutti sarà possibile garantire maggiore sicurezza ai luoghi di culto, trasformare l'attenzione per il sacro e il legame affettivo che unisce le persone ai luoghi e alle cose in progetti di tutela sempre più concreti; ed efficaci.
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