Piero Dorazio: «L'arte muore senza lo Stato» Gabriele Simongini Il Tempo, 12/4/2005
Profetico, libero, anticonformista, cosmopolita: Piero Dorazio. Sfogliando la sua raccolta di scritti compresi fra il 1945 e il 2004 ed ora pubblicati da Silvia editrice nel volume «Rigando dritto», ci si accorge che un artista come Dorazio, astrattista di fama internazionale, ha messo sul tappeto prima di tutti tante questioni dell'arte che solo ora sono esplose con piena evidenza. In primis, la decadenza e il progressivo impoverimento della Biennale di Arti Visive di Venezia, nella quale da alcune edizioni è stato abolito il padiglione italiano, lacuna che perdurerà anche nella mostra del prossimo giugno. Ora, di fronte ad una manifestazione sottomessa alla massificata globalizzazione internazionale, tutti gridano allo scandalo ma è come chiudere il recinto quando i buoi sono scappati. Da molti anni Dorazio chiede pubblicamente che all'interno della Biennale di Venezia e della Quadriennale di Roma gli artisti tornino ad avere anche un ruolo decisionale, come avveniva nel passato, in occasione delle migliori edizioni delle due manifestazioni. Nel '95 Dorazio ha sottolineato che continuando così la Biennale «rischia di morire: poiché, rifiutando la consueta collaborazione degli artisti ai programmi espositivi, i responsabili di quell'istituzione hanno bruciato l'ultima carta valida che l'Italia poteva mettere in gioco nella competizione artistica internazionale». L'origine di tutto ciò sta nel fatto, secondo Dorazio, che «dai tempi di Bottai, nessun uomo politico italiano si è fatto veramente carico delle responsabilità che lo Stato si deve assumere nella promozione della cultura e dell'arte. Nessun governo italiano si è mai posto il problema di una politica culturale. E così - continua l'artista romano - nel corso del tempo sono diventati responsabili diretti della Biennale solo coloro che rappresentano interessi di parte e ciambellani di politici incompetenti». In occasione dell'ultima, criticatissima edizione della Biennale tenutasi nel 2003 Dorazio ha sollecitato pubblicamente un intervento del Ministro dei Beni Culturali Giuliano Urbani per salvarla, bloccare «questo costoso scempio dell'Arte Moderna, questa sciorinatura di presuntuose banalità che rischia di dare il colpo di grazia alla più prestigiosa Esposizione d'Arte del mondo, ormai seriamente compromessa da anni». Interventi come questi e ora raccolti nel nuovo volume sono stati pubblicati dal nostro giornale e dal "Corriere della Sera". Solo adesso, però, di fronte all'evidente crisi della Biennale, ci accorgiamo di quanto fossero tempestivi e di quanto siano ancora pienamente attuali se ascoltati dalle istituzioni competenti. Degne di nota sono anche le polemiche di Dorazio con due Ministri dei Beni Culturali come Antonio Paolucci e Giovanna Melandri, accusati di escludere gli artisti da ogni decisione che pur riguarda il loro futuro e di non voler sostenere l'arte italiana contemporanea nel sempre più serrato e competitivo confronto internazionale. Del resto da parecchi anni Dorazio sostiene che bisognerebbe realizzare una grande mostra sull’arte italiana che va dal 1890 al 2000 per farla girare nel mondo e dimostrare a tutti la sua qualità, non seconda a nessuno. Anche se forse ne costituisce la parte più elettrizzante l'insieme degli scritti polemici (vanno segnalate anche le controversie con Argan, Flaiano, Guttuso, Gae Aulenti e via discorrendo) non esaurisce affatto la ricchezza dei contributi scritti di Dorazio, pittore che crede fermamente nella necessità di un intervento a tutto campo nella società, prima di tutto affidato all'opera d'arte ma sempre affiancato dalla teoria, dalla difesa degli ingegni migliori, per tutelare la libertà degli artisti da ogni condizionamento. In questo volume (curato da Massimo Mattioli) ci sono incontri illuminanti con Mirò, Matìisse e Braque, il racconto della riscoperta da parte di Dorazio nel secondo dopoguerra del futurismo da tutti dimenticato, i ritratti e gli omaggi alla grandezza di personaggi del calibro di Giacomo Balla, Gino Severini, Enrico Prampolini, Giuseppe Ungaretti, Lionel-lo Venturi, Sebastian Matta, solo per citare alcuni nomi, a cui il nostro astrattista è stato legato da profonda amicizia. Ogni scritto di Dorazio è caratterizzato da uno stile chiaro e energico come la sua pittura. Dietro ogni suo intervento ci sono sempre l'umanità e l'etica di un uomo e di un artista che ha sempre vissuto, come dice il titolo del volume, «Rigando dritto», anche in pittura, con le sue luminescenti bande di colore. Ancora, adesso Dorazio è quel coraggioso "cowboy" che guarda lontano, seduto sull'asfalto di un'autostrada americana, in pieno deserto, come lo ritrae una foto degli anni Cinquanta che fa da copertina al libro.
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