Gli italiani cambiano New York «No ai bunker, una città aperta» A.F. Corriere della Sera, 11 aprile 2005
Dalla rinascita di Harlem a quella del porto abbandonato. Pronto il grattacielo del Nyt Cinque progetti per Manhattan; «E’ l'architettura dell’ottimismo
NEW YORK — Da Est a Ovest, da Harlem al fiume Hudson, da Midtown all'Upper East Side. Ovunque ci si giri nella Grande Mela, in questi giorni, ci si imbatte in cantieri italiani. Enormi, creativi, importanti. L'ultimo, «Leonardo at Pier 57», l'ambizioso progetto per ridisegnare il molo 57 di Manhattan, sulla West Side Highway, è stato affidato dalla città di New York al consorzio guidato dal veneziano Giuseppe Cipriani. Compito: trasformare l'area oggi semiabbandonata in un'oasi di cultura, arte, business, stile e cucina all'insegna del «made in Italy». Nell'era in cui il settimanale americano Time nomina la stilista milanese Miuccia Prada come unica italiana nella sua hit parade dei 100 personaggi mondiali che contano, un altro italiano è destinato a lasciare un marchio ben più indelebile nell'America del nuovo millennio. Si tratta di Renzo Piano, 67 anni, genovese, il leggendario architetto che ha firmato opere quali il centro Pompidou a Parigi, Potsdamer Platz a Berlino, e l'aeroporto internazionale Kansai di Osaka, in Giappone. Ed ora è stato chiamato a disegnare quattro progetti diversi—tutti realizzati contemporaneamente — nella Grande Mela. L'espansione della Morgan Library, il nuovo grattacielo del New York Times, l'ampliamento del campus della Columbia Universìty e quello del Whitney Museum: i cantieri Piano per la Manhattan del futuro sono tutti all'insegna dell'ottimismo, della partecipazione e della trasparenza, in barba a chi vorrebbe rinchiudere l'America in una fortezza impenetrabile ai nemici. Sono proprio queste sue idee, forse un po' rivoluzionarie per i nostri tempi, che hanno conquistato i quattro ricchi committenti dietro ai progetti newyorchesi. I nuovi Medici dell'era contemporanea hanno deciso di investire nella filosofia Piano («Anche il privato è pubblico») invece di imitare le tante multinazionali americane che hanno trasformato i propri grattacieli in altrettanti inaccessibili bunker. Secondo i critici, la scommessa è vincente. «Piano passerà alla storia come l'architetto della New York post-11 settembre — scrive il New York Times— il visionario che ridisegnerà la Manhattan del nuovo millennio, dando un'impronta umanistica praticamente ad ogni quartiere all'isola che Osama non è riuscito a piegare». «Dopo la crisi dell' 11 settembre la città si è decisamente ripresa—spiega il sociologo David Raindorf — e ha deciso di lasciare un'impronta forte e coraggiosa alle generazioni future». Intanto i newyorchesi improvvisamente orfani d'Italia (troppo cara per il dollaro debole) presto avranno un surrogato quasi perfetto nella megalopoli rinascimentale firmata da Cipriani. Il suo «Leonardo at Pier 57» era in concorso contro il progetto del rivale Roland Betts, proprietario di Chelsea Piers. La scelta italiana è stata sorprendente, in quanto Betts, texano e repubblicano, non è solo amico del sindaco Michael Bloom-berg e del governatore George PataM, ma è anche ex compagno universitario del presidente George W. Bush.
|