Ora le Regioni si battano contro la devolution Giuseppe Campos Venuti LA REPUBBLICA, BOLOGNA CRONACA, VENERDÌ 8 APRILE 2005
LO «straordinario risultato delle elezioni regionali ha spinto le forze politiche di centro sinistra a proporsi subito un impegno per fermare l'aberrante processo secessionista contro la Costituzione, messo in atto dalla destra sotto il ricatto della Lega. Mentre i Presidenti di centro sinistra confermati o neoeletti, hanno rinnovato con decisione il loro impegno al buongoverno programmato, che ha certamente contribuito al successo elettorale. Io vorrei aggiungere, però, un secondo impe-gno di grande importanza per le Regioni della Unione di centro sinistra—le quali fra due settimane saranno 17 su 20 — che non è ancora emerso nelle sue strategiche caratteristiche. L'impegno che già suggerivo nel sito internet del Presidente Errani: «...L'unico Federalismo che Berlusconi e Bossi non ci daranno mai e che vorrei domani da Errani e poi da Prodi, è quello che — dopo aver aiutato le Regioni più deboli d'Italia e d'Europa— lasciasse gli emiliani e i romagnoli a spendere, delle tasse pagate allo Stato, la stessa percentuale che, nei loro Paesi, tocca alla Baviera e alla Catalogna». Perché il vero Federalismo non è certo quello degli ininfluenti centri di potere cari ai secessionisti lombardo-veneti e forse neppure quello in prevalenza procedurale delle moderate riforme Bassanini; il vero Federalismo è quello che assegna alle Regioni, alle Province e ai Comuni, una disponibilità finanziaria almeno doppia di quanto lo Stato centralista di Berlusconi e Bossi è disposto a concedere. Infatti la spiegazione del perché in Italia si realizza meno della metà delle opere pubbliche—e in particolare delle infrastrutture — che si realizzano in Francia, in Germania e perfino in Spagna, sta da un lato nel fatto che le finanze dello Stato sono assorbite in Italia dagli interessi del debito accumulato nei devastanti anni 80, in misura doppia di quanto avviene in quei Paesi, debito che il governo di destra si è poco curato di ridurre. E DALL'ALTRO lato nel fatto che in Italia lo Stato centralista assorbe e mal utilizza una quota largamente superiore di quanto non faccia in quei Paesi, sottraendola alla realizzazione di quelle infrastrutture ed opere pubbliche, che in Italia sono così palesemente carenti. Il vero Federalismo è, dunque, quello capace di ridurre l'accentramento della spesa pubblica, decentrando una quota assai più alta del gettito fiscale e insieme quello di lasciare le Regioni, le Province e i Comuni a decidere liberamente come spendere questi finanziamenti che ad essi appartengono. Tanto per fare l'esempio del metrò bolognese, sottraendo al Ministro del Bilancio e a quello delle Infrastrutture, il controllo centralista sulle scelte del trasporto collettivo su ferro, cancellando le umilianti vie crucis alle quali ha costretto fino ad oggi i rappresentanti delle istituzioni emiliano-romagnole; scelte che il Comune di Bologna dovrà invece decidere discutendo conia sua Provincia e la sua Regione, senza essere forzato a subire tracciati e soluzioni che sono un pasticcio incoerente del nuovo col vecchio, messiinsieme solo per accontentare i Ministeri centralisti di Berlusconi. Restituendo ai bolognesi i finanziamenti che ad essi spettano e che ad essi sono stati sottratti con un gesto apertamente elettoralistico. Altro che «Roma ladrona»; qui di «ladrone» c'è soltanto il governo centralista, che a Roma — nel senso di palazzo Chigi — spadroneggia. Il vero Federalismo, inoltre, sarebbe anche quello capace di rifiutare un meccanismo fiscale, che lascia alsistema delle autonomie praticamente soltanto l'ICI, la tassa sulla casa; costringendo le Amministrazioni locali ad incentivare la produzione edilizia, quale unica fonte finanziaria per i Comuni, anche quando ciò comincia a danneggiare palesemente le cento città del Paese. Altro che controriforme costituzionali e pseudo riduzioni fiscali propa-gandistiche; qui c'è da cambiare rapidamente le competenze fiscali fra centro e periferia, onde evitare che i Comuni italiani per sopravvivere, siano costretti a moltiplicare le licenze edilizie. Ancor più mi sembra, infine, doveroso che gli eletti del popolo in 17 Regioni su 20, pretendano di essere ascoltati da un Parlamento che rappresenta le scelte elettorali di quattro anni fa e che, però, si appresta a rendere esecutivo un colpo di mano secessionista oggi apertamente sconfessato dal Paese; perché la scelta della devolution secessionista non concorda certo con i programmi elettorali appena approvati clamorosamente dal voto popolare. Auguri, dunque, di buon lavoro al Presidente Errani e ai suoi colleghi neoeletti o confermati; ma ricordino che ad essi none affidata soltanto la buona amministrazione delle loro Regioni. Perché in questo momento più che mai, le Regioni e i loro Presidenti hanno anche una responsabilità decisiva per il futuro dell'intera Nazione.
GIUSEPPE CAMPOS VENUTI
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