Mendini si regala alla Triennale. Silvia Dell’Orso La Repubblica – cronaca Milano
L'architetto e designer milanese offre 2500 disegni della sua collezione, una parte è in mostra da oggi
Sente ormai di appartenere a una razza in via di estinzione, Alessandro Mendini, quella dei designer milanesi: «Mi pare giusto, quindi, che chi capita a Milano, possa vedere un po' di ossa e pezzi fossili che testimonino di una stagione un tempo fulgida». È così che una delle figure più provocatorie del design italiano, intellettuale controcorrente che al progetto funzionale e razionale ha sempre contrapposto il progetto dell'esistenza, commenta il "quasi dono" di circa 2500 disegni alla Triennale di Milano, 200 dei quali sono esposti nell'Impluvium al primo piano in una mostra ("Pulviscoli", fino al 24luglio) che si inaugura questa sera. Il suo, architetto Mendini, è un atto di fiducia nei confronti di Milano e della Triennale ma è un comodato quinquennale, non ancora un dono: come mai? «Innanzitutto mi sembrava interessante non tenermi nel fondo di un cassetto una gran quantità di lavori che possono essere guardati e capiti da altre persone. E visto che in questo momento la Triennale sta lavorando bene, ha in prospettiva il Museo del design del quale io sono contentissimo e ha messo in funzione un centro di documentazione efficiente, ho preferito declinare le richieste che arrivavano da Montreal, Parigi, Mendrisio e ho scelto Milano. Per ora comincio con un comodato, poi vedremo, ma è verosimile che si trasformerà in donazione. Così come ho fatto con la poltrona Proust e con un pezzo del Mobile infinito che dapprima ho prestato e poi regalato alla Triennale in vista del nascituro Museo del Design». Sta facendo da apripista? «Me lo auguro, la mia famiglia del resto non è nuova a questo genere di cose. La collezione Boschi-Di Stefano, a parte la lunga e travagliata vicenda che io, in quanto erede, ho seguito come esecutore testamentario, è stata donata al Comune di Milano e ora finalmente è aperta al pubblico». Quella palazzina progettata da Portaluppi è stata anche il luogo della sua infanzia e della sua formazione. «Beh, sono nato dentro quella collezione che era stata cominciata da mio nonno materno, Francesco Di Stefano. Poi la mania era passata ai miei zii, Marieda Di Stefano e Antonio Boschi. Mi ha influenzato moltissimo vedere il mondo attraverso i segni e i colori della pittura: tutta la mia attività visiva e anche quella di architetto arriva dal '900, da De Chirico, Savinio, i futuristi, Severini. Me li sono ritrovati in camera da letto, in bagno, dappertutto». Che posto occupa il disegno nel suo lavoro? «È quell’aspetto silenzioso, intimista e pre-progettuale che poi viene spettacolarizzato trasformandosi in cose fisiche. Il pensiero che precede la realizzazione è contenuto in questi disegni e per me sono quasi più importanti delle realizzazioni stesse. Mi piace di più disegnare un grattacielo su un foglietto che vederlo realizzato, anche perché la fisicità delle cose è sempre violenta». Che cosa documentano i disegni prestati alla Triennale? «Vanno grosso modo dal '70 a oggi, anche perché quelli più giovanili, quando mi piacevano i cartoon, fino all'epoca radicale -circa 1500 disegni - li avevo già regalati anni fa all'Università di Parma». L'inaugurazione della sua mostra coincide con l'apertura della settimana del design che più di una volta ha provocato la sua insofferenza? «Dipende. Adesso per esempio, in un momento di declino della tensione del design italiano, penso che tutta questa effervescenza, questo rimescolamento di carte possa essere utile. Ne uscirà certamente qualche grossa novità, anche se nell'attesa stiamo segnando il passo». Esporrà una sua opera anche nel giardino della Triennale nella mostra "Openairdesign" organizzata da Interni. «L'abbiamo chiamata "Ebdo-mero", come l'unico romanzo scritto da De Chirico. È una panchina-scultura da cui si vede appunto la fontana di De Chirico, per la quale lo studio Mendini aveva presentato dieci anni fa un progetto di restauro impantanatosi negli uffici comunali, ma che ora potrebbe essere recuperato».
LA POLTRONA La poltrona Proust del 1978, è uno dei pezzi più celebri di Mendini designer, a destra nella foto con una sua seduta IL MUSEO Sorge sull'acqua il museo di Groningen, in Olanda, uno degli edifici più conosciuti del Mendini architetto IL DISEGNO Uno dei 2500 disegni prestati da Mendini alla Triennale: è uno schizzo per lo show room di LA CARRIERA Settant'anni a colori tra riviste e aziende ALESSANDRO Mendini, nato a Milano nel 1931, architetto, designer e teorico, ha diretto le riviste "Casabella", "Modo" e "Domus", ha progettato oggetti, mobili, ambienti ed edifici, collaborando con importanti aziende quali Alessi, Philips, Swarovski e Swatch. Ha fondato e diretto lo studio Alchimia e nel 1989, col fratello Francesco e una ventina di amici, ha aperto l'AtelierMendini. Come architetto ha progettato tra l'altro la fabbrica Alessi di Omegna, le nuove stazioni della metropolitana di Napoli (dove ha restaurato anche la villa comunale), il teatrino della Bicchieraia ad Arezzo. I suoi "Scritti" sono raccolti nell'omonimo volume a cura di Loredana Parmesani edito da Skira. La mostra "Pulviscoli. Disegni e parole di Alessandro Mendini" apre oggi alle 18.30 alla Triennale, in viale Alemagna 6, dove si potrà visitare fino al 24 luglio coi seguenti orari: da martedì a domenica 10.30-20-30.
|