Laooconte. Il falso di Michelangelo Fiamma Arditi La Stampa 2/4/2005
NEW YORK. Fino a ieri si credeva fosse un «vera copia» romana da un originale del periodo ellenistico. Mercoledì prossimo, invece, Lynn Catterson, storica dell'arte, ricercatrice presso la Columbia University, ha in programma una conferenza all'Italian Academy, per annunciare la bomba: dopo sette anni di ricerche, dopo avere stabilito i collegamenti, dopo avere raccolto le prove, attraverso documenti autentici dell'epoca, è arrivata alla conclusione che il Laocoonte, il gruppo scultoreo forse più importante dell'antichità, che troneggia in Vaticano nel cortile del Belvedere, la cui scoperta risale al 1506, non è una copia romana, ma è opera di Michelangelo. Un suo falso. Il risultato della ricerca è un libro che viene pubblicato dall'autorevole Princeton University Press. Che Michelangelo fosse un falsario, almeno per gli addetti ai lavori, non è una novità, come racconta Mauro Lucentini (autore di Rome, guida della capitale uscita in Italia da Newton Compton e tradotta in Inghilterra da Pallas Athena). Lo prova il Cupido conosciuto anche come Puttino dormiente, che lo stesso Michelangelo aveva realizzato nel 1495 a vent'anni, ammettendo in seguito di averlo venduto come opera classica. Il cardinale Riario, nipote del papa Giulio II, lo comprò come un'opera autentica dell' antichità e pagò duecento duca- ti a Baldassarre Milanese, il mercante che glielo aveva fatto avere. Riario, però, si accorse del falso e pretese che gli fossero restituiti i soldi. Come s'inquadra nella vita di Michelangelo questo aspetto della sua attività? «Michelangelo a tredici anni era stato messo dal padre nella bottega di Domenico del Ghirlandaio, per imparare i primi rudimenti, ma dopo pochi mesi se ne era andato. Come scultore non aveva avuto maestri, ecco perché guardava alle opere classiche. L'unico predecessore imporante del suo tempo era stato Donatello, morto nel 1466, quando Michelangelo aveva appena nove anni. Il campo, dunque era sgombro». Perché un genio come lui, che diceva di avere assorbito l'arte del «cavare» insieme al latte dalla sua balia di Settignano, aveva bisogno di creare dei falsi? Perché uno che a vent'anni lavorava per Lorenzo de' Medici doveva abbassarsi a copiare? «All'epoca le opere antiche venivano pagate molto più di quelle contemporanee e poi non era uno scandalo come lo sarebbe oggi. Tant'è vero che il Vasari nel 1550, senza troppo scandalizzarsi, scriveva che Michelangelo faceva dei falsi perché nessuno gli aveva insegnato a scolpire e quindi preferiva copiare». Ma come avrebbe potuto copiare il «Laocoonte», che all'epoca era scomparso? «Michelangelo sapeva della sua esistenza dal racconto di Plinio il Vecchio. Visto che non esisteva più avrebbe potuto crearlo lui». Ispirandosi a chi? «Guardi». Lynn Catterson clicca più volte sul suo computer. Sullo schermo appaiono in successione immagini della Cappella Carafa affrescata da Filippo Lippi nella chiesa romana di S.Maria alla Minerva: una testa di uomo di profilo con una grande barba ricorda esattamente quella del Laocoonte; quindi la morte di Laocoonte dipinta da Lippi, sulla parete esterna della Villa di Poggio a Caiano progettata per Lorenzo il Magnifico da Giuliano da Sangallo nel 1488. «La posizione del vecchio, il suo corpo contorto nello sforzo di allontanare i serpenti, ha la stessa struttura dél Laocoonte del Belvedere». Infine ecco un disegno autentico di Michelangelo custodito all'Ashmolean Museum di Oxford: è la parte posteriore di un torso d'uomo. Altro clic e il torso dell'uomo dell'Ashmolean si sovrappone a quello del Laocoonte: «Vede, combaciano perfettamente. Evidentemente si trattava del disegno preparatorio, per l'opera che avrebbe realizzato di nascosto». Ma se in quegli stessi anni aveva avuto addirittura dal papa la commissione della «Pietà», che bisogno aveva di inventare un falso? «Per soldi. Un'opera autentica dell'antichità all'epoca veniva pagata almeno tre volte quanto un'opera autentica di Michelangelo. In una lettera del 1497 al padre Ludovico, Michelangelo gli dice di avere comprato due blocchi di marmo. Nel 1499 fa la Pietà e risulta che acquista molto più marmo di quanto gli serva. Fra l'altro, all'epoca, c'era a Roma una grande abbondanza di marmo antico. Contemporaneamente, in quegli anni tra il 1497 e il 1501, il suo deposito bancario cresce in maniera sproporzionata. E non le sembra strano che sia stato lo stesso Michelangelo ad "autenticare" la statua, quando fu ritrovata in uno scavo, in condizioni quasi perfette, perché le mancava solo un braccio, in una vigna vicino a Santa Maria Maggiore?». E il Papa Giulio II sarebbe stato cosi' ingenuo da non dubitarne? «Bramante gli aveva appena realizzato il cortile del Belvedere dove aveva intenzione di mettere statue antiche. Questo Michelangelo lo sapeva e gliene scolpì una apposta per lui». Quando nei prossimi giorni ci sarà l'annuncio ufficiale della ricerca, come reagi-ranno il Vaticano, la critica dell'arte, i suoi colleghi armati di tutto il sapere possibile? «Un fatto è certo. Oggi come oggi una copia fatta da Michelangelo vale certo assai di più di un'"autentica copia" romana».
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