SARDEGNA: Tutela del paesaggio, la Regione non può essere esclusa 01/04/2005, La Nuova Sardegna
La preoccupazione espressa alcuni giorni fa dall'onorevole Nanni Moro circa la presunta confusione di ruoli fra il presidente della Regione e Cesare offre lo spunto per alcune puntualizzazioni in materia di tutela del paesaggio.
Tralasciando, in questa sede, la delicata comparatistica dei modelli francese e italiano, che richiederebbe ben altro approfondimento, l'affermazione che «anche da noi la tutela paesaggistica è dello Stato» (si deve ritenere che l'onorevole Moro intenda dire «esclusivamente» dello Stato, altrimenti la sua preoccupazione non avrebbe senso) non trova rispondenza nell'ordinamento giuridico italiano.
Per verificare quale ruolo sia riservato alle Regioni nella definizione delle politiche di tutela e valorizzazione del paesaggio è sufficiente una interpretazione — secondo l'elementare canone della sistematicità, nella ricerca e nel rispetto delle finalità delle norme — delle disposizioni contenute nell'aRt. 9 della Costituzione (il quale — collocato, si badi, fra i principi fondamentali ai quali la legge deve rispondere — affida la tutela del paesaggio alla Repubblica intera, non al solo Stato), nell'art. 117, terzo comma, sempre della Costituzione (che inserisce la valorizzazione dei beni culturali e ambientali fra le materie di legislazione concorrente) e negli articoli 131 e seguenti del Decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42 — Codice dei beni culturali e del paesaggio — con particolare attenzione all'art. 132 (che regola la cooperazione tra le amministrazioni pubbliche), all'art. 133 (che richiama gli obblighi derivanti dalle convenzioni internazionali) e all'art. 135 (che impone alle Regioni la pianificazione paesaggistica e una «specifica considerazione dei valori paesaggistici»).
Disposizioni conseguenti proprio al principio di democrazia richiamato dall'onorevole Moro il quale, incoerentemente, da un lato rivendica allo Stato la competenza legislativa di tutela del paesaggio, dall'altro ritiene che la sovranità popolare debba trovare sfogo nei variegati programmi alternativi (rispetto a quello regionale) delle Province e dei Comuni.
Ancora, una interpretazione rispondente ai basilari canoni del buon senso e della buona fede consente di affermare che perfino quando lo Stato ha competenza esclusiva nella tutela di un bene collettivo ciò non significa che queste ultime hanno l'obbligo di attenersi in negativo ai precetti statali di tutela, ovverosia di astenersi dall'attuare interventi finalizzati a una concreta ed efficace protezione e valorizzazione di quel bene.
E, infatti, proprio tale criterio è stato recentemente trasfuso in un principio dalla stessa Corte Costituzionale, la quale, con la sentenza n. 307 del 2003 ha enunciato che «la tutela dell'ambiente, più che una materia in senso stretto, rappresenta un compito nell'esercizio del quale lo Stato conserva il potere di dettare standard di protezione uniformi validi in tutte le Regioni e non derogabili da queste; ciò non esclude affatto la possibilità che leggi regionali, emanate nell'esercizio della potestà concorrente di cui all'art. 117, comma 3, della Costituzione, o di quella residuale di cui all'art. 117, comma 4, possano assumere tra i propri scopi anche finalità di tutela ambientale».
È evidente che gli standard di protezione inderogabili, di cui parla la Corte, devono essere intesi, nelle pianificazioni regionali, come parametri di riferimento minimi, non massimi, di tutela e certamente nel senso della conservazione dei beni ambientali, non della loro distruzione. A ciò si aggiunga che il bene paesaggio e il corrispondente diritto hanno ormai assunto una connotazione giuridica autonoma, rispetto allo stesso bene ambiente e sono quindi oggetto di autonoma tutela. Una tutela alla quale — ed è del tutto ovvio — la competenza primaria regionale in materia urbanistica è direttamente strumentale, non strumentalmente invocata dalla Regione, come afferma l'onorevole Moro.
Abbiamo, evidentemente, buoni motivi per confidare nella sapienza e nella coerenza della Corte Costituzionale, mentre per quanto riguarda il nuovo «mostro giuridico» rappresentato dalla Conservatoria delle coste, saranno i fatti a stabilire se è più o meno spaventoso degli atti posti in essere in un non lontano passato in questo cruciale settore.
• Comitato sardo per la tutela del paesaggio, Sezione di Sassari
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