Costruita o vissuta l’architettura in un gioco di specchi Massimo Forti Giovedì 31 Marzo 2005
L’architettura costruita e quella vissuta, come in uno specchio. Romano Jodice, professore di Storia dell’architettura contemporanea alla Sapienza, le coinvolge in un serrato confronto prendendo atto che, negli ultimi anni, «accanto ad innegabili successi sul piano dell’invenzione formale, spaziale e tecnologica» si debbono registrare anche «brucianti fallimenti nel campo dell’espansione urbana» sui quali è necessario interrogarsi. Jodice, infatti, divide il suo saggio sull’architettura del Novecento in due testi paralleli, che rimandano continuamente l’uno all’altro: il primo dedicato alla Storia e il secondo alla Percezione della progettazione. La Storia è la scena dello scontro - analizzato nei suoi vari aspetti architettonici, urbanistici e ambientali - fra la tradizione e le rivoluzionarie innovazioni realizzate dai maestri del ’900, da Wright a Gaudì (nella foto, la Casa Battlò a Barcellona), da Le Corbusier a Gehry. L’impatto della Percezione è, invece, esaminato attraverso due reazioni fondamentali (quella emozionale e quella intellettuale-culturale) dalla cui combinazione scaturisce il giudizio complessivo sulla progettazione architettonica. Il confronto è inedito, utile e stimolante. Prende le distanze dalle sirene estetizzanti e concentra la sua attenzione sugli effetti spesso dirompenti che l’architettura produce. Perché è sterile parlare di architettura se non ci si rende conto della sua capacità di cambiare le nostre vite, trasformandone la qualità e il senso.
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