La Scala nel caos, giallo su Muti Giulia Crivelli Il Sole 24Ore, 17/3/2005
MILANO - Il «Guardian» ha definito la vicenda del Teatro alla Scala di Milano una «tragedia dai toni verdiani». Ieri è andato in scena l'ennesimo atto e si è svolto su più palcoscenici. I lavoratori del teatro (oltre 800) hanno chiesto le dimissioni del direttore musicale Riccardo Muti e del sovrintendente Mauro Meli; voci sulle dimissioni di Muti sono state diffuse da numerose agenzie di stampa e poi smentite ufficialmente dal teatro, ma solo nel tardo pomeriggio. Intanto il ministro per i Beni culturali, Giuliano Urbani, ha auspicato che si raggiunga un accordo e «che Muti rimanga»; sempre a Roma, l'ex sovrintendente Carlo Fontana è stato ascoltato dalla commissione Istruzione e beni culturali del Senato (martedì era stato sentito Meli) dichiarando, tra le altre cose, «di non nutrire stima per Meli» e preannunciando una querela contro il sindaco di Milano, Gabriele Albertini e lo stesso Meli. A Milano il neossessore alla Cultura, Stefano Zecchi, ha lanciato l'idea di un "mediatore" esterno, proponendo il nome di Bruno Ferrante, prefetto di Milano, precisando che «si tratta di un'iniziativa personale e che la questione dovrebbe essere discussa dal Cda della Fondazione Scala e dal Consiglio comunale». A proposito di Comune, ieri c'è stato anche un incontro tra il sindaco Albertini e Meli, che non hanno però voluto fare alcun commento ufficiale sugli avvenimenti della giornata. La richiesta di dimissioni. Nella tarda mattinata l'assemblea dei lavoratori della Scala, riunita nella platea del teatro, ha votato con soli tre voti contrari e due astenuti su 800 presenti, un documento in cui si chiedono le dimissioni del direttore musicale Riccardo Muti e del neo-sovrintendente Mauro Meli. Bruno Ceni della Cgil ha spiegato che «l'assemblea era affollatissima e l'atmosfera risentita: nell'incontro di venerdì scorso il sindaco aveva avuto con noi toni concilianti, salvo sferrarci un attacco nel suo intervento in Consiglio appena due giorni dopo. Il dialogo — ha aggiunto — così è impossibile. E quindi abbiamo chiesto le dimissioni di Meli e Muti». Il giallo su Muti. Subito dopo l'assemblea dei lavoratori, è circolata la notizia delle dimissioni del maestro Muli da direttore musicale della Scala. Solo nel tardo pomeriggio è arrivata la smentita ufficiale del teatro, smentita confermata poi da Meli e Zecchi. Sul suo incontro con Albertini, il nuovo sovrintendente si è limitato a dire: «Abbiamo parlato di quello che è successo oggi». Per domani alle 16,30, intanto, è stato convocato un consiglio straordinario della Fondazione Scala, in cui siede anche il Comune. Fontana in commissione. Dalla Capitale è arrivata la voce di Fontana. In Senato ha detto di non stimare Meli «perché rappresenta un modo di gestire che non mi è proprio». Nel pomeriggio è intervenuto Giuliano Urbani: il ministro ha auspicato che «tutti i soggetti coinvolti nella vicenda del Teatro alla Scala sappiano esprimere i propri punti di vista in modo da salvaguardare al massimo il prestigio e la storia di questo ineguagliabile teatro e sappiano creare le condizioni affinchè il maestro Muti continui a dirigerlo oggi e per gli anni a venire». Ricordiamo che il commissariamento del teatro, ventilato da Albertini nei giorni scorsi ma a cui Zecchi si è detto «contrario», spetta esclusivamente al ministero della Cultura. E al commissariamento Urbani non ha fatto alcun accenno. Il prossimo atto della «tragedia dai toni verdiani» andrà in scena nei prossimi giorni e non è facile fare previsioni. Una cosa è certa: il caso Scala non ha precedenti nella storia della lirica". «È successo molte volte che direttori artistici, musicali o sovrintendenti "siano stati revocati" o abbiamo dato dimissioni premature — spiega Piero Gelli, autore di un momumentale Dizionario dell'Opera —. Ma non ricordo di aver mai assistito o letto di una vicenda come questa, dove non si riescono più a stabilire responsabilità, colpe, motivi di un dissenso e di una spaccatura. Dove le ragioni pratiche e istituzionali si mischiamo a motivazioni e rancori personali». Forse, allora, ha ragione Zecchi: a questo punto ci vorrebbe, come in molte tragedie, un deus ex machina.
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