Il caso biblioteca nazionale: Il direttore del ministero «Una situazione grave» 16-MAR-2005 CORRIERE DELLA SERA cronacaRoma
«Grave», «paradossale», «assurda». Questi gli aggettivi ricorrenti tra abituali frequentatori, accademici di fama e addetti ai lavori, in merito alla situazione della Biblioteca nazionale centrale di Roma, la più importante biblioteca in Italia, che ha dovuto drasticamente ridurre l'orario di servizio per mancanza di personale nel momento in cui sono venuti a mancare obiettori di coscienza e volontari del servizio civile. Una situazione la cui «gravita» è riconosciuta dallo stesso ministero per i Beni culturali, per bocca di Luciano Scala, direttore generale e massimo dirigente del settore «Beni librari e istituti culturali»: «È una situazione - dice - di cui anche Urbani è perfettamente al corrente. La soluzione si può trovare a livello politico in Consiglio dei ministri. Parlare della scarsezza di finanziamenti per questo settore è quasi banale. Un concorso per bibliotecari non si fa dal 1985. Il personale in pensione non è stato sostituito. E la cosa più grave è che la professione di bibliotecario è praticamente in estinzione». Scala, in sostanza, non può che ribadire il lungo elenco di carenze denunciate anche dal direttore della Nazionale Osvaldo Avallone. «E il caso della Nazionale di Roma - aggiunge il direttore generale del ministero - è solo la punta di un iceberg. La situazione è di assoluta carenza anche per tutte le 46 biblioteche pubbliche statali che dipendono da questa amministrazione. Il problema è stato posto in maniera chiara. Ed è uno in sostanza: con questa penuria di personale garantire servizi di livello diventa quanto meno complesso e difficile». Del fatto che «i finanziamenti per la Biblioteca nazionale di Roma e per il settore librario in generale debbano essere ben altri» è convinto anche Luca Serianni, ordinario di Storia della lingua italiana all'università La Sapienza e assiduo frequentatore della biblioteca di Castro Pretorio: «II problema è grave e sottostimato -dice - e la scarsezza di fondi crea anche notevoli insufficienze per quanto riguarda l'acquisto di pubblicazioni straniere. La Nazionale di Roma rappresenta inoltre un po' l'immagine culturale dello Stato, una carta da visita. Ed è davvero triste che dopo i lavori di ristrutturazione del 2000, piuttosto ben fatti, si sia arrivati a questa situazione». «I beni culturali sono il petrolio italiano» gli fa eco il suo collega Carlo Ghisalberti, ordinario di Storia contemporanea: «Ed è assurdo che in questo settore non si proceda a nuove assunzioni da troppo tempo. Assunzioni, possibilmente, da fare tramite concorsi. E non con procedure d'urgenza». Ghisalberti conosce l'uso che lo Stato fa di volontari in servizio civile: «All'università è accaduta la stessa cosa. Non ci sono più obiettori e il pomeriggio chiudiamo il dipartimento». Tutto incentrato invece sul «paradosso finanziamenti» (la Nazionale di Roma riceve 2,5 milioni di euro annui contro i 10 milioni della sua omologa in Polonia; per non dire di Francia e Inghilterra che destinano alle Nazionali di Parigi e Londra, rispettivamente, 143 e 121 milioni ogni anno) il commento di Igino Poggiali, presidente dell'Istituzione Biblioteche di Roma: «Per un patrimonio librario così importante come quello italiano, unico al mondo, i finanziamenti dovrebbero essere non pari, ma addirittura maggiori quelli che erogano Francia o Inghilterra». Edoardo Sassi
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