Condono preventivo, frenata di buonsenso Gian Antonio Stella 12-MAR-2005 CORRIERE DELLA SERA
Urrah? Non esageriamo: il pericolo non è del tutto scampato. Chi si è battuto in queste settimane contro il rischio mortale che, in nome di un peloso ammiccamento all’«efficienza», passasse il via libera a ogni impresa edilizia, commerciale e industriale dopo un irreale silenzio-assenso di trenta giorni, il tempo insufficiente a certi uffici italiani a protocollare un documento e smistarlo alla stanza accanto, ha però buoni motivi per essere soddisfatto.
Il contestatissimo provvedimento è stato stralciato dal decreto sulla competitività varato ieri dal Consiglio dei ministri e sarà riciclato in un disegno di legge che, dopo aver perso lungo il cammino la pericolosissima estensione anche alle, opere progettate su aree o immobili sottoposti alle tutele ambientali, artistiche e monumentali, sarà chiamato ad affrontare un dibattito parlamentare dal quale potrebbe uscire con qualche ulteriore correzione.
Vince, per ora almeno (tocchiamo ferro...) chi come questo giornale aveva denunciato tutte le insidie di un rovesciamento precipitoso e incosciente di una tradizione di inghippi burocratici che, passando da un estremo all'altro, sarebbe stato letto come una sorta di sanatoria preventiva ad ogni tipo di abuso, finendo per diventare una scelta scellerata con cui lo Stato, per usare le parole di Sabino Cassese, avrebbe «chiuso i battenti» cedendo a ogni assalto di furbi. Vincono gli ambientalisti e le associazioni come Italia Nostra e altre che si erano sollevate ammonendo: sarà un disastro. Vince il buonsenso. Ma vincono anche quanti, dentro la maggioranza e il governo, come il ministro dei Beni culturali Giuliano Urbani e quello dell'Ambiente Altero Matteoli, si sono opposti alla scorciatoia. Scorciatoia che, in alcune regioni in cui lo Stato non è in grado neppure oggi, venti anni dopo, di chiudere tutti i condoni aperti nel 1985, era stata presentata dal loro collega Mario Baccini come «una svolta epocale, essenziale per ampliare le libertà dei cittadini e arrivare a uno Stato moderno». Forse, gli hanno spiegato, prima di premere l'acceleratore è meglio dare una sistematina alla macchina statale. E ai freni.
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