La cultura si ribella ai tagli Alessia Gallione Stefano Rossi La Repubblica – cronaca Milano 10/3/2005
«Milano ha bisogno di cultura». Per molti, quei tagli sono solo una conferma del posto che ricopre la cultura in città. L'ultimo. Come la cifra destinata per il 2005 a musei, teatri, arte: l'assessorato aveva chiesto 18 milioni. Ne sono arrivati 9,2. La più bassa negli ultimi anni. Sacrificando progetti come la Città delle Culture, il museo del Presente o il restauro del Planetario e del Piccolo di via Rovello, i fondi per la Triennale o il Museo della Scienza. E il mondo della cultura reagisce. Magari usando il fair play di Sergio Escobar, direttore del Piccolo Teatro: «Zecchi mi piace, lo stimo, trovo che sia una buona scelta. Mi rammarico solo che non gli sia stata data nemmeno una lira. Ma non è, davvero, per fare il teatrante lamentoso, so anch'io che i conti devono quadrare. Però una città che si muove malamente sulla cultura lo fa anche sull'economia, la finanza, l'industria». «I problemi della cultura a Milano non sono legati solo alla carenza di fondi per le strutture, perché mancano anche per le attività — osserva la regista del Franco Parenti Andrée Ruth Shammah che ha rifiutato l'offerta di sostituire Carrubba — si veda la chiusura da due anni della rassegna teatrale estiva del Comune. Questa però è una tendenza invalsa da alcuni anni ed è nazionale. Eppure le città che investono in cultura hanno un forte ritorno di immagine. Cultura per me è anche qualità della vita, quindi che non ci siano soldi per le metropolitane non è meno importante dei tagli ai teatri». Ed è proprio la mancanza di una strategia che lamenta Fiorenzo Grassi, direttore di Teatridithalia: «Eppure Milano è vivace: i teatri, i cinema e i concerti sono pieni. La gente ha voglia di cultura. Il Comune dovrebbe metterci più attenzione, non solo soldi. Ci vogliono anche eventi per competere con altre città». Ed è un altro uomo di palcoscenico, l'attore e regista del Teatro della Cooperativa, Renato Sarti, a lanciare il grido di dolore: «È un'ecatombe. Questi tagli sono una conferma dell'importanza che si dà alla cultura, senza capire che è la nostra ricchezza». Un allarme che arriva anche dal sovrintendente del Castello, Ermanno Arslan: «Sono una ferita alla comunità. È un dolore soprattutto per la Città delle Culture, un progetto di portata europea». «Perché—afferma l'assessore alla Cultura della Provincia, Daniela Benelli—non si considera l’arte come un investimento strategico». Un bene di «prima necessità», per Elisabetta Sgarbi, direttore editoriale per Bompiani e della Milanesiana: «Tagliare la cultura è diventato automatico, ma questa volta è stato fatto quando mancava l'assessore. Milano dovrebbe battersi. Se si continua così, anche il confronto con città come Roma è più difficile». Ma c'è anche chi è stato colpito direttamente, come il direttore del museo di Storia Naturale e del Planetario, Enrico Banfi: «Siamo rimasti molto male: aspettavamo quel restauro da due anni». Una rivolta anche politica. Con la vicepresidente diessina del consiglio comunale, Marilena Adamo, che sintetizza: «Questi tagli gettano una luce diversa sulle dimissioni di Carrubba. Dopo i primi tagli, nel 2003, questo è stato l'ultimo intollerabile atto. Questo è il risultato di chi ha puntato tutto sulla vendita delle aziende». Con Daniele Farina (Re) che rincara: «Cosa resta di otto anni di amministrazione Albertini? Poco, come per il futuro. Per Zecchi, intuiamo un gioco di prestigio: come giustificare l'assessorato del nulla». Ma voci contrarie si alzano anche dalla Cdl, con Matteo Salvini che accusa: «La cultura e lo sport in città sono considerate come superfluo. Ma Milano sta morendo a cominciare dalle piccole realtà che non dispongono dei finanziamenti di Scala e Piccolo».
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