Dietro gli alberghi, ambiente - Valorizzazione del territorio e dell'entroterra per rilanciare l'offerta Resto Carlino 01.03.2005
CARLINO - Cominciamo dal dottor Chicchi. C'è o no questa crisi del turismo in riviera? E' giusto o no riconsiderare il modello romagnolo? E se sì quali sono i modelli futuri da tenere in considerazione? CHICCHI - Penso che il modello romagnolo sia inimitabile e non abbia modelli a cui riferirsi. Ha dei problemi interni. Qualche cifra: in un anno difficile come il 2004 noi abbiamo perso il 2,7% di presenze e siamo aumentati dell'1,2% negli arrivi. Questi sono i dati definitivi di tutta la costa romagnola. Cosa vogliono dire? Vuoi dire che risentiamo naturalmente della congiuntura generale, ma che il nostro posizionamento di mercato è ancora buono. Allora tutto ok? No. Abbiamo sostanzialmente tre problemi principali. Il primo è che la componente estera del nostro turismo tende a ridur-si. C'è anche l'effetto della crisi tedesca. Circa la metà degli stranieri sono tedeschi. La cosa appare in tutta la sua gravita se la collochiamo nel processo di unificazione della moneta europea, nella grande Europa dei 600 milioni di abitanti. Dobbiamo crescere soprattutto sul mercato internazionale. Oggi, su 100 presenze 80 sono di italiani. CARLINO - In passato com'era questo rapporto? CHICCHI - Negli anni Settanta, era 40 e 60. Quaranta stranieri e 60 italiani. Ma c'era un motivo fondamentale: Rimini e la riviera romagnola erano senza competitori. Era la prima stazione balneare più vicina all'Europa, in una realtà in cui ancora i voli erano poco sviluppati, una realtà in cui si arrivava da tutta l'Europa centrale abbastanza facilmente. Secondo elemento critico è il fatto che le nostre realtà somigliano troppo alle città che i turisti lasciano. Abbiamo una realtà metropolitana, abbiamo una realtà costiera che è senza soluzione di continuità, quindi dobbiamo intervenire sul prodotto territorio oltre che sul prodotto ricettivo, per aumentare i contenuti qualitativi. Il terzo e ultimo punto è questa difficoltà che abbiamo con i tour-operator: il segmento organizzato che arriva da noi non supera il 10%. Ma da alcuni paesi si arriva soltanto attraverso il turismo organizzato. Che fare, allora? Serve innovazione continua. Noi abbiamo un prodotto che chiamerei universalistico. Si rivolge a molti target: dai bambini ai giovani, alle famiglie, ai congressi, alle fiere ecc, Dobbiamo sempre innovare sia sul territorio che su infrastruttu-re e strutture ricettive. CARLINO - L'innovazione continua negli ultimi anni non c'è stata, o comunque è stata discontinua e legata alla buona volontà dei singoli operatori. Niente di programmato a livello pubblico. E' così, presidente Errani? ERRANI - II turismo è forse uno dei comparti dell'economia che più vive, anzi anticipa, i processi di cambiamento. Il turismo sta cambiando radicalmente. Da questo punto di vista quello che noi siamo è qualcosa di comunque importante e radicato e questa non è una cosa scontata. Ciò nasce da un lavoro che in tanti anni ha dato vita a processi di innovazione. Basterebbe guardare i dati e cioè, ad esempio, quanti alberghi sono diventati annuali rispetto a cinque anni fa. CHICCHI - Nel '90 erano 70, oggi sono 450. Solo in provincia di Rimini. ERRANI - Una serie di cose di cui si stava parlando da tanti anni, per esempio la darsena, si è realizzata. Non siamo fermi. Dobbiamo promuovere processi di qualificazione del territorio, della rete ricettiva e dei servizi: sono tre grandi questioni che vanno avanti se vi è una relazione forte tra pubblico e privato e vi sono strumenti atti a promuovere questa qualificazione. Io credo che nei prossimi anni dovremo rilanciare con forza l'idea della riqualificazione urbana, usando anche - lo ripropongo -una società di trasformazione urbana per promuovere la qualità del sistema ricettivo pubblico-privato. E' fondamentale organizzarci per andare anche sui mercati lontani e fare di questo territorio, che ha un ricettivo così diffuso e qualificato, una piattaforma per utilizzare l'Italia e non solo la costa. Oggi, per esempio, in Cina si vende l'Italia e la vendono, tranne rare eccezioni, francesi, svizzeri e tedeschi in primo luogo. Allora, cominciamo a dare ulteriore impulso di cambiamento ai processi che abbiamo avviato. Mi riferisco alle aggregazioni di imprenditori a cui va dato massimo affiancamento per fare politiche di promocommercializzazione. Magari selezioniamo meglio le politiche di presenza sui mercati, lavoriamo sull'idea che questa è una terra che ha tanti valori che insieme possono integrarsi.
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